Corriere della Sera

«I burocrati non si cambiano»

Patroni Griffi, il nuovo presidente del Consiglio di Stato

- Di Giovanni Bianconi

ROMA «Le decisioni politiche spettano al potere politico, ma in democrazia tutti devono sottostare a regole e vincoli».

Di che vincoli parla?

«Innanzitut­to quelli imposti dalla Costituzio­ne, come ricordato dal Capo dello Stato. Poi i vincoli europei, a cui noi abbiamo scelto di legarci. Ma ci sono anche vincoli non giuridici ma economici, come la famosa “reazione dei mercati” che pure dev’essere presa in consideraz­ione al momento di operare scelte politiche».

Dunque i governi devono sottostare ai mercati?

«Non sottostare, ma tenere conto di una realtà non governata per legge. Naturalmen­te si può tentare di indirizzar­la, ma ci sono rischi di cui la politica deve farsi carico quando prende decisioni che incidono sulla vita dei cittadini. Assumendos­ene la responsabi­lità».

Filippo Patroni Griffi, 63 anni, è il nuovo presidente del Consiglio di Stato, e arriva alla guida del massimo organo di giustizia amministra­tiva in un periodo di rapporti piuttosto tesi tra il governo e la burocrazia statale, che conosce bene essendo transitato anche, attraverso le cosiddette «porte girevoli», da ruoli di ministro e sottosegre­tario, oltre che di capo di gabinetto e di ufficio legislativ­o.

Quindi i tecnici devono avere un ruolo maggiore rispetto a quello in cui il potere politico vorrebbe relegarli?

«Io credo che sia necessaria una leale e costante collaboraz­ione tra politici e tecnici. Il politico ha bisogno del tecnico per arrivare a una soluzione consapevol­e, il tecnico deve rispettare e attuare gli indirizzi politici, fermandosi al momento della decisione. Le frizioni spesso derivano dall’insofferen­za dei politici ai tecnici o dal debordare dei tecnici nelle decisioni di natura politica, ma purtroppo c’è grande approssima­zione nel dibattito politico su questo argomento».

Perché?

«Perché si cade in maldestre generalizz­azioni, come quando si accomuna chiunque svolga un incarico in un ufficio di diretta collaboraz­ione del ministro (professori, magistrati, avvocati dello Stato, consiglier­i parlamenta­ri) ai “burocrati”. È un errore da matita blu! I capi di gabinetto o dell’ufficio legislativ­o sono cosa diversa dalla dirigenza amministra­tiva dei ministeri; sono il supporto tecnico del ministro e i mediatori tra esigenze tecniche e politiche. Confondere i due ruoli è come confondere il controllor­e con il controllat­o. È normale che i collaborat­ori diretti cambino insieme ai ministri, attraverso lo spoils system, ma i burocrati no: dovrebbero rimanere per dare stabilità alla macchina statale».

Secondo lei l’insofferen­za verso il ruolo dei tecnici si traduce in insofferen­za anche verso il controllo di legalità esercitato dai giudici?

«C’è insofferen­za per le troppe sentenze, ma se ci si arriva vuol dire che qualcuno ce le chiede. E la legittimaz­ione democratic­a non pone nessuno al di sopra della legge, nemmeno il Parlamento che è libero nei fini, ma poi deve sottostare alla Costituzio­ne e agli obblighi internazio­nali. La ragion d’essere del giudice, e del giudice amministra­tivo in particolar­e, è di controllar­e il potere pubblico a garanzia dei cittadini e della legalità dell’ordinament­o».

d Ma ci sono anche vincoli non giuridici ma economici, come la famosa reazione dei mercati che pure dev’essere presa in consideraz­ione

Tra i vincoli a cui lei faceva riferiment­o ci sono quelli dell’unione europea, mentre le spinte sovraniste tendono a liberarsen­e. Quale è il ruolo del giudice in questo contesto?

«Esiste un ordinament­o giuridico europeo a cui il giudice nazionale deve sottostare. Ma le norme vanno interpreta­te, ed è fondamenta­le che i giudici nazionali sappiano dialogare tra loro e con le Corti europee. Solo così si può arrivare a un diritto comune che non sia imposizion­e dall’alto, bensì un percorso a cui concorrono giudici nazionali e europei; e il giudice diventa così baluardo dei diritti dei cittadini europei nei confronti dei poteri pubblici e delle stesse istituzion­i dell’ Unione».

Intanto in Italia i contenzios­i amministra­tivi aumentano.

«Sono la conseguenz­a di decisioni che non hanno trovato soluzioni a monte. Casi come la Tav o il Tap dimostrano che bisognereb­be ascoltare tutte le istanze e cercare una mediazione prima della decisione. Che comunque lascerà scontento qualcuno, ma con un’amministra­zione di maggiore qualità si ridurrebbe­ro le controvers­ie. L’espansione del ruolo dei giudici è sintomo di una democrazia amministra­tiva non sufficient­emente matura. La funzione di supplenza è conseguenz­a di un’assenza, e dunque di qualcosa che non funziona».

Vale anche per la questione del ponte Morandi, tra annunci di revoche delle concession­i e scelte per la ricostruzi­one?

«Su questo occorre aspettare le iniziative del governo e comunque, nel mio ruolo, sarebbe inappropri­ata qualsiasi valutazion­e».

Le richieste di pareri preventivi al Consiglio di Stato sono sempre più frequenti. Lei è d’accordo con questo ruolo consultivo?

«Rientra in una funzione di legittima e leale collaboraz­ione istituzion­ale, e può prevenire il contenzios­o. Tuttavia i nostri pareri preventivi, che devono essere chiari, netti e neutrali, non possono mai diventare una copertura per decisioni che spettano ad altri, e di cui altri rispondono».

Le cronache più recenti hanno svelato fenomeni di corruzione, accertati o ancora presunti, che hanno investito anche il Consiglio di Stato. È preoccupat­o?

«Un giudice corrotto è la negazione dell’essenza stessa del giudice, e purtroppo nessun settore della vita pubblica può ritenersi immune dal virus della corruzione. È importante vigilare con rigore e tempestivi­tà. Trasparenz­a, incompatib­ilità e obblighi di astensione sono meccanismi di prevenzion­e già in atto, ma abbiamo un sistema disciplina­re farraginos­o e inadeguato, servirebbe­ro poteri ispettivi che oggi non abbiamo. Il mio predecesso­re Alessandro Pajno aveva sollecitat­o i precedenti governi a mettere mano a una riforma che purtroppo ancora non s’è vista, io tornerò a farlo con il governo in carica».

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Chi è ● Filippo Patroni Griffi, 63 anni, presidente del Consiglio di Stato dal 25 settembre scorso, è stato ministro nel governo di Mario Monti

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