Mattarella convoca Conte al Quirinale Il faccia a faccia sulle scelte del governo
Le voci che al Colle si tifi per lo spread infastidiscono il presidente. Il premier: il 2,4 resta
Ma davvero qualcuno nel governo crede o, peggio, vuole far credere, che in questo palazzo si faccia il tifo per lo spread? Oppure che le febbri dei mercati dipendano da quello che viene detto qui?
Sarebbe stata di questo tenore la domanda più insidiosa che il presidente della Repubblica ha rivolto al premier, convocato al Quirinale alle 11 di ieri mattina. Un interrogativo rivelatore di una pazienza messa a dura prova, in questi giorni convulsi nei quali un membro dell’esecutivo (il sottosegretario Di Stefano) aveva adombrato l’ipotesi che Sergio Mattarella soffiasse sullo spread, indicandolo di fatto tra i protagonisti di un «complotto» che mirerebbe a sabotare la manovra e ad esasperare un clima di «eversione mediatica» denunciato da Luigi Di Maio. Certo, l’insinuazione è stata poi ritrattata, gli ha ricordato Giuseppe Conte, per sdrammatizzare. Tuttavia il suo effetto rimane insopportabile, per un capo dello Stato abituato a pesare ogni parola e che si ispira sempre, per le poche che pronuncia, al patriottismo costituzionale.
Allo stesso modo, incassate delle scuse un po’ affannate, il presidente non poteva fingere indifferenza rispetto a quanto avveniva in quei momenti. Con la borsa che cominciava a dare segni di fibrillazione (insieme allo spread), con l’eurogruppo in allarme, con gli altolà dei commissari in Lussemburgo insieme a un richiamo su un rischio default per l’italia. Era dunque fisiologico che, in uno scenario del genere, Mattarella volesse capire a quali passi si prepara il governo. Anche perché incombono anche i giudizi delle agenzie di rating, che entro fine mese potrebbero — quelli sì — alimentare panico e attacchi speculativi sui nostri Btp. Insomma, voleva sapere un preoccupato Mattarella, come intendete redigere le tabelle della nota di variazione al Def?
Posto che in cuor suo confidasse in qualche possibile variazione per limitare i danni, le aspettative del capo dello Stato sono rimaste in sospeso. Conte, infatti, non ha parlato di una marcia indietro o di modifiche. Si è barcamenato, mostrandosi comunque collaborativo, ma anche piuttosto impaurito per le reazioni dell’europa. Sentimenti analoghi, nonostante i proclami bellicosi di Di Maio («qualcuno a Bruxelles gioca a fare terrorismo sui mercati»), a quanto pare serpeggiano nella maggioranza. Dove manca la consapevolezza che questa manovra pesantemente in deficit è tutt’altro che una bagatella alla quale i partner dell’eurozona potessero passare sopra con benevola indifferenza.
Se n’è accorto in quelle stesse ore il ministro Giovanni Tria, partito in missione «per tranquillizzare» l’ue. Quando Mattarella e Conte erano a colloquio sul Colle, ancora non si sapeva che sarebbe rientrato senza partecipare al vertice di
Gli obiettivi La preoccupazione per il vertice europeo e la necessità di capire le future scelte
oggi. Una decisione su cui hanno almanaccato in tanti, pensando che volesse dimettersi. Nulla di tutto ciò. Più semplicemente, avrà avuto imbarazzo a restare, dopo che gli è stato chiesto perché avesse cambiato idea, forzando la partita dall’1,6% promesso al 2,4 presentato adesso.