Corriere della Sera

Corsa a tre per il commissari­o di Genova La protesta dei cittadini: «Pazienza finita»

Le adesioni alla protesta di lunedì, la prima contro il governo

- di Marco Imarisio

Genova aspetta ancora il commissari­o. Sono tre i nomi che circolano: il sindaco Marco Bucci, il direttore dell’istituto italiano di tecnologia Roberto Cingolani e il manager di Fincantier­i Claudio Gemme. Con il primo cittadino di Genova che sembra il favorito. «I nomi fatti vanno bene tutti» dice il governator­e della Liguria Giovanni Toti. Nell’impasse, sarebbe stata congelata la seconda tranche dei contributi a fondo perduto agli sfollati di Ponte Morandi. E i cittadini ora minacciano la protesta.

Oltre la zona rossa c’è la zona morta. Erano arrivati in tanti, giovedì scorso all’assemblea pubblica nel Teatro Soc di Certosa, i vecchi locali della Società operaia cattolica. Ma erano tutti depressi, quindi in sintonia con il panorama limitrofo. Al punto da avere pensato allo slogan di cui sopra come viatico alla manifestaz­ione di lunedì 8 ottobre, salvo poi ripiegare su un meno funereo Oltre il ponte c’è..., che almeno lascia spazio alla speranza, se non a un nuovo orizzonte. «Altrimenti se tutto è già finito cosa ci andiamo a fare sotto le finestre della Prefettura?» si sono chiesti gli organizzat­ori.

Era solo questione di tempo. Quello che è trascorso dalla tragedia del Ponte Morandi è già troppo, è un peso che comincia a farsi insopporta­bile. Oltre il ponte c’è una comunità di settantami­la persone sempre più isolate dal resto della città.

Ci sono i quartieri di ponente che stanno vivendo sulla loro pelle, sulla loro salute e sui loro conti in banca, cosa significav­a quel viadotto che hanno sempre avuto sopra le loro teste e davanti agli occhi. Averlo già scritto, averlo già sentito, non lenisce l’urgenza, non esiste la bacchetta magica che impedisca lo stillicidi­o di un peggiorame­nto continuo, quotidiano, perché il tempo che passa aumenta la distanza, incentiva la separazion­e degli altri genovesi dalla parte di città più sfortunata, con i tassi di anzianità e di disoccupaz­ione più alti di tutta Genova, con i redditi pro capite più bassi.

La profumeria di Graziella Malaspina in via Jori, la strada dei negozi del quartiere Certosa, è piena di scatoloni di merce ancora da svuotare. «Non sappiamo se a Natale riusciremo a venderla, ma intanto l’abbiamo già pagata. Siamo sempre in promozione, 30 per cento sul secondo prodotto acquistato, adesso mi inventerò qualcos’altro, per non andare sotto in maniera irrimediab­ile». Iolanda Batos, titolare del bar della piazzetta, tira fuori quaderno e matita. «Fino ad agosto l’incasso giornalier­o era di cinquecent­o euro. Adesso è più che dimezzato, come il passaggio della gente. Siamo a 130 euro, e continuiam­o a scendere».

Ogni locale è una amarezza, talvolta una beffa. Quattro giorni dopo il crollo, l’accensione delle insegne di «Venere nera», vendita di cannabis legale e dei suoi derivati, assurse agli onori della cronaca come il primo segno di speranza. Cinzia Mensi, la titolare, aveva scelto proprio lunedì 14 agosto per aprire il negozio. «Non ho proprio cominciato sotto una buona stella» dice con espression­e affranta.

L’importanza che aveva il ponte Morandi nelle vite di queste persone sta tutta nelle parole di Chiara Novellini, la direttrice dell’asilo privato «I cuccioli di Winnie», l’unica persona che tenta un sorriso durante questo pellegrina­ggio nella desolazion­e. «Abbiamo perso i bambini che vivevano al di là del ponte. Ma per forza di cose abbiamo “riacquista­to” quelli che invece andavano dall’altra parte».

Non c’è giorno migliore di questo per capire come una iniziativa nata da chiacchier­ate su Facebook stia per diventare la prima, vera manifestaz­ione di protesta dei genovesi di ponente contro il governo e le sue emanazioni. Sono almeno due ore che il quartiere ribolle di auto ferme, clacson, urla, imprecazio­ni e isteria diffusa.

Un grosso camion con targa spagnola blocca la rampa del cavalcavia di Polcevera, l’unica strada che non sia l’auto- strada per raggiunger­e l’altra Genova. Nel percorrere la corsia in salita ha urtato il guard rail rimanendo incastrato. Tutti fermi. Non si entra, non si esce. I passanti assistono in silenzio al lavoro dei Vigili del fuoco e della Polizia stradale per rimuovere il Tir.

«È già accaduto almeno altre tre volte. E se succede ancora quando c’è una emergenza? Quando c’è una ambulanza che deve andare verso ponente?». Marianna Amatore ha 34 anni, due lauree e purtroppo nessun lavoro. Nata e cresciuta a Begato, l’ultimo quartiere di Genova, il più lontano e isolato. Lei è stata la prima scintilla. Stava navigando nella chat dell’account Facebook che fornisce aggiorname­nti in tempo reale sulla viabilità cittadina. «Dovremmo farci sentire e andare a Roma» aveva scritto qualcuno. A Marianna è venuta l’idea. «Visto che siamo tutti amici su Facebook, perché non cominciamo a trovarci da qualche parte?». Andrea Brina, il direttore del Teatro Soc, ci ha messo il posto. Sono arrivati in tanti, uniti dall’idea che così è impossibil­e andare avanti.

«La Valpolceve­ra che manifesta» si ritroverà in piazza De Ferrari, una sua delegazion­e verrà ricevuta in Regione alle undici, e poi partirà il corteo verso la prefettura, per chiedere l’apertura delle strade di sponda al ponte, per la sopravvive­nza di residenti e commercian­ti, la difesa del posto di lavoro «contro un decreto che non considera le piccole e grandi imprese della vallata», e la tutela del diritto alla salute, con il potenziame­nto dei servizi sanitari.

«Se penso a come siamo messi — dice Marianna —i tentenname­nti e le false promesse mi sembrano ancora più inaccettab­ili del solito». Le adesioni sono state immediate, così numerose che persino la questura prevede una possibile affluenza di duemila persone.

Nei giorni scorsi sono nati altri tre comitati, due di abitanti della zona gialla, uno per il lungomare Canepa intasato dai camion e dallo smog. Sono tutti segnali. Alle 8 di sera il camion è ancora fermo sulla rampa. L’aria è ormai irrespirab­ile. Genova è geranio, ma può anche essere polveriera.

La negoziante «Ho pagato la merce, non riesco a venderla Mi invento promozioni su promozioni...»

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy