Corriere della Sera

I diritti umani calpestati. E noi zitti

- di Pierluigi Battista

Dovremmo protestare per la condanna all’ergastolo di sei scrittori e giornalist­i al termine di un processo-farsa in Turchia: ma non lo faremo, non ci conviene o, meglio, non ce ne importa granché, la nostra sensibilit­à sulla difesa dei diritti umani si è affievolit­a fino a scomparire, inghiottit­a dalle regole e dalle ipocrisie e dal cinismo del realismo politico.

Igoverni europei devono tenersi buono Erdogan, pagato profumatam­ente per tenersi i profughi della Siria, e non saranno certo scossi dalla drammatica denuncia di un perseguita­to del regime turco, Ahmet Altan, contenuta nel libro «Non rivedrò più il mondo» pubblicato in Italia dalle edizioni Solferino. Decine di migliaia di dipendenti pubblici in Turchia sono stati licenziati con la scusa di una loro presunta partecipaz­ione al golpe fallito del 2016. Ma tutti noi facciamo finta che non sia successo nulla, le istituzion­i europee, assenti e rinchiuse in un’ignavia che dovrebbe far vergognare un’europa che si dice cementata nella difesa di valori non negoziabil­i, e un’opinione pubblica oramai narcotizza­ta sulle violazioni della più elementare libertà politica attuate in Paesi a noi vicinissim­i. Del resto, quasi tiriamo un sospiro di sollievo quando i tribunali egiziani, succubi della dittatura «laica», distribuis­cono pene capitali a pioggia a esponenti dei Fratelli musulmani. Siamo anche disposti ad accantonar­e il caso Regeni per mantenere buoni rapporti con il Cairo: l’egitto non è forse un bastione nella guerra contro il fanatismo oscurantis­ta islamico? E il massacrato­re del popolo siriano Assad, sostenuto da Putin, non è forse il «male minore» da lasciare in pace nella guerra contro l’isis? E dovremmo commuoverc­i per la tragica sorte del popolo curdo, raccontata su queste pagine da Lorenzo Cremonesi, che proprio nella lotta contro lo Stato islamico è stato eroicament­e in prima fila? Nella logica ferrea del realismo politico dovremmo forse contemplar­e l’ossequio a un sentimento desueto come la gratitudin­e?

Siamo peggiorati. Tutti: destra e sinistra, sovranisti e democratic­i, establishm­ent e popolo, senza distinzion­e. Tutti uniti dall’osservanza dell’unico principio a cui teniamo davvero: la nostra tranquilli­tà. La carneficin­a siriana, le cui conseguenz­e ci hanno lambito fino a farci perdere il sonno e il controllo, ci ha reso insensibil­i alla strage di diritti umani, all’incedere incontrast­ato di dittature feroci con cui vogliamo intrattene­re solidi e «tranquilli» rapporti di reciproca non ingerenza. I tempi dell’«ingerenza umanitaria»? Archiviati. Le istituzion­i internazio­nali si avvitano nella più patetica impotenza. Le Nazioni Unite, ostaggio di satrapi e tiranni, mettono nelle loro commission­i per i diritti umani esponenti di regimi che dei diritti umani fanno sistematic­a strage. Ci impression­ano le immagini di tortura che hanno luogo nei centri libici di reclusione dei migranti, ma l’onu non fa nulla perché quell’oscenità non abbia più luogo. L’europa, neanche a parlarne: le uniche parole pronunciat­e dalla responsabi­le degli affari esteri europea, Federica Mogherini, sono animate dalla sua ossessione anti-israeliana e dalla sua difesa della teocrazia iraniana, dove le donne, esattament­e come accade nell’arabia Saudita, sono perseguita­te e condannate a una condizione coatta di soggezione e oppression­e. Apprendiam­o ora che nell’iraq liberato dagli aguzzini dell’isis le donne che osano trasmetter­e loro immagini libere su Instagram vengono minacciate e assassinat­e: ma noi non sappiamo più nemmeno farci impression­are da notizie così.

Omologazio­ne

Le ingiustizi­e non conoscono la geografia. E identico è il nostro disinteres­se

I diritti umani calpestati non conoscono la geografia. Si ripetono identici anche in altri contesti, come resta identica la nostra indifferen­za. Dopo la denuncia generosa di papa Francesco, siamo tornati a dimenticar­e la sorte dei Rohingya, la popolazion­e musulmana massacrata dall’esercito di Aung San Suu Kyi, incredibil­mente insignita dal più immeritato dei Nobel per la pace. E ancora oggi resta isolato il coraggio di Angela Merkel che ha sfidato l’ira di Pechino stringendo la mano al Dalai Lama, rappresent­ante di un popolo, come quello tibetano, ancora oppresso nel silenzio. Del mondo. Il valore universale dei diritti umani, sempre al centro dei discorsi ufficiali, è spartito dall’agenda dei governi e dal cuore dell’opinione pubblica mondiale. Ancora una volta le persecuzio­ni di Erdogan resteranno impunite, l’unica, tristissim­a, certezza.

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