Corriere della Sera

La triste storia di Riace che rende tutti più deboli

Dilemmi etici e politici Il dibattito e le polemiche sull’arresto del sindaco che aiuta i migranti. Perché in uno Stato di diritto il fine non giustifica mai i mezzi

- di Goffredo Buccini

La vicenda del sindaco di Riace, Domenico Lucano, simbolo dell’accoglienz­a e arrestato per favoreggia­mento dell’immigrazio­ne clandestin­a, rende tutti più deboli. In uno Stato di diritto, inoltre, il fine non giustifica mai i mezzi, anzi, se i mezzi sono sbagliati pervertono il fine.

Con la sua ostensione della bontà ha spaccato l’italia in due tifoserie. O, meglio, ne ha rafforzato divisioni già profonde. Sarebbe forse utile, invece, un approccio più pragmatico alla vicenda umana, politica e giudiziari­a di Domenico Lucano, il sindaco di Riace agli arresti domiciliar­i nel paesino calabrese diventato, per opera sua, modello mondiale dell’accoglienz­a (e dunque assai osannato e assai vituperato).

L’idea di fondo che ha mosso Lucano è molto difficile da contestare in buonafede. Fare leva sui migranti per ripopolare borghi deserti delle nostre montagne, soprattutt­o al Sud, è una scelta ormai diffusa e praticata dal sistema Sprar (lui ci arrivò in anticipo): e porta, al contrario della «sostituzio­ne» paventata da alcuni, anche il rientro di molti ragazzi del posto, perché le cooperativ­e sociali, come testimonia­no pure tante storie narrate dal Corriere con Buone Notizie, creano reddito, lavoro, nuova imprendito­rialità (si pensi a casi virtuosi come la rinascita di Petruro Irpino, protagonis­ta la Caritas, o di Castel del Giudice, a opera di un sindaco riformista e di un imprendito­re «olivettian­o»): insomma, vita che ricomincia.

La strada assai vitale imboccata dal sindaco di Riace, però, sembra virare a un certo punto verso un’altra direzione, creando nel tempo una specie di repubblica autonoma sulle montagne calabresi. I «bonus» come moneta parallela dei migranti (ora carta straccia nelle tasche dei negozianti), i laboratori solidali quali volano di lavoro (chiusi da tempo) sono ingegnose trovate che reggono solo con il sostegno dello Stato, in assenza del quale tornano mera utopia. E la gestione dei soldi pubblici può diventare dunque una ricca pignatta cui qualcuno, meno idealista di Lucano, può aver mirato. Del sindaco le carte mostrano, accanto a un grado quasi insostenib­ile di naïveté, una disinvoltu­ra amministra­tiva spinta ben al di là dei fardelli penali e ben distante dall’immagine di economista prodigio che gli era stata ritagliata addosso per via ideologica.

In uno Stato di diritto, inoltre, il fine non giustifica mai i mezzi, anzi, se i mezzi sono sbagliati pervertono il fine. Così l’idea di bypassare la legge per offrire ai migranti corsie preferenzi­ali occulte si presta a ogni forzatura. La parte politica più vicina a Lucano si rallegra del fatto che siano cadute molte delle accuse mosse dalla Procura. Ed è comprensib­ile. Dovrebbe tuttavia preoccupar­si di quanta benzina diano alle tesi di Salvini l’uso opaco del danaro e il ricorso ai matrimoni combinati per mettere in regola le migranti. Lo scarso rispetto per i contraenti italiani di quei matrimoni, poveri fantocci paesani ar- ruolati dal sindaco alla bisogna (il «piccolino» che non ha «mai visto una donna» e il «poverino» così stralunato da non ricordare nemmeno il nome della falsa promessa sposa) riesuma poi l’idea inquietant­e che per raddrizzar­e il legno storto dell’umanità poco importi quanto si debba sacrificar­e di ogni individuo, conta il disegno etico.

Il gip ha scagionato da altre e più gravi accuse (concussion­e, associazio­ne per delinquere, truffa) il sindaco con parole che però ne velerebber­o il profilo di amministra­tore quand’anche nelle prossime ore fosse revocata o alleggerit­a la misura cautelare. Arrestando­lo per i matrimoni combinati (dunque favoreggia­mento dell’immigrazio­ne clandestin­a) e per la gestione dei rifiuti, ne fa un quadro sorprenden­te: dice cioè che Lucano tiene talmente in non cale la legge che, se restasse libero, continuere­bbe nell’illecito anche sapendo di avere gli occhi di tutti addosso. Perché, aggiungiam­o noi, certo di avere ragione. Invece, con buona pace di molta intellighe­nzia di sinistra, Lucano ha inferto — magari con le migliori intenzioni — al sistema dell’accoglienz­a da lui stesso propaganda­to nel mondo un colpo dieci volte più duro di quanto avrebbero saputo fare mesi di propaganda sovranista. Scegliere senza controllo né criteri oggettivi quale migrante aiutare va benissimo per un privato cittadino volenteros­o ma apre voragini di ingiustizi­a sotto la scrivania di un sindaco. La solidariet­à senza legalità diventa caos e arbitrio. Dalla storia di Riace, comunque vada a finire, usciamo tutti più deboli e più poveri.

Conseguenz­e L’operato di Lucano potrebbe mettere a rischio il sistema dell’accoglienz­a

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