Corriere della Sera

Debito al 100% e riforme ferme I guai d’oltralpe

- Di Massimo Nava

Quel «facciamo come la Francia», lanciato da Luigi Di Maio per difendere la manovra del governo e lo sforamento del deficit, è stato ritenuto improponib­ile per le dimensioni del nostro debito, il secondo della zona euro, dopo la Grecia. La polemica sull’azzardo delle intenzioni non ha però favorito una riflession­e più approfondi­ta sull’effettivo stato di salute dei nostri vicini che pure si possono permettere correzioni a noi proibite. Proprio in questi giorni, è scattato l’allarme rosso sulla fatidica soglia del cento per cento del Pib, cui mancano pochi decimali. Fatidica e niente affatto simbolica se si consideran­o dati e tendenze. Il debito francese è esploso a partire dalla presidenza Sarkozy e ha continuato a crescere. Il divario con la Germania, primo partner commercial­e, è di quaranta punti e rischia di aumentare, dato che il debito tedesco diminuirà in misura maggiore rispetto a quello francese. Con un deficit previsto per il 2018 al 2,8 del Pib, la Francia non fa certo la figura dell’allievo modello, superando sia la Spagna, sia l’italia, e rimanendo lontana dalla diminuzion­e complessiv­a della zona euro. Al di là delle cifre, sono alcune voci e cause a sollevare nubi sul futuro. Le riforme annunciate sono avviate a rilento e per ora con scarsi risultati sui conti: sanità, pensioni, assistenza, funzione pubblica, per citare i principali nodi ancora da sciogliere. Le sole ferrovie, al centro di un pesante scontro sociale, hanno accumulato un passivo di 35 miliardi. Sul piano politico, la situazione non è meno complicata. Macron, in caduta di consensi, non sfugge alla maledizion­e dell’eliseo, vedere evaporare gli entusiasmi della prima ora. Con le dimissioni dei ministri dell’ecologia e degli interni, il governo ha perso pezzi importanti e la maggioranz­a è entrata in fibrillazi­one. Inoltre, in vista delle elezioni europee, Macron — «presidente dei ricchi», secondo una parte della critica — si è visto costretto a misure sociali naturalmen­te costose. La pressione fiscale resta elevata e i margini di manovra ridottissi­mi. Il quadro, visto dall’italia, può apparire dunque consolator­io. Ma «fare come la Francia» resta una pericolosa illusione. A parte la Storia, il ruolo di potenza nucleare e il rapporto indissolub­ile con la Germania, Parigi può vantare stabilità politica, coesione dello Stato, maggiore influenza nei corridoi dell’ue e credibilit­à sui mercati. Può non piacere, ma non saranno dispetti e polemiche a cambiare le cose.

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