Corriere della Sera

La giornata della pace e il premier ad Assisi

- Di Enzo Fortunato

Sembra un’eternità, eppure sono trascorsi solo 13 anni da quel 10 febbraio 2005, quando il Parlamento italiano dichiarò il 4 ottobre, festa di san Francesco, Giornata della pace, della fraternità e del dialogo tra appartenen­ti a culture e religioni diverse. Chissà cosa pensarono quei deputati e senatori. Chissà cosa pensano oggi dinanzi ai rigurgiti isolazioni­sti, alle chiusure fisiche e mentali, alle barriere erette nel dibattito attuale. E chissà che penserebbe san Francesco d’assisi che, a detta del presidente dei vescovi italiani, rappresent­a «l’anima inclusiva e bella dell’italia». Una cosa è certa: i pellegrini, campani e non solo, con un record di numeri senza precedenti dal 1939, portano un verbo ai piedi di san Francesco: accogliere. Ma, a volte, accogliere non basta. Don Tonino Bello disse: «Di fronte ai cambi che scuotono la storia, donaci di sentire sulla pelle i brividi dei cominciame­nti. Facci capire che non basta accogliere: bisogna attendere. Accogliere talvolta è segno di rassegnazi­one. Attendere è sempre segno di speranza». Attendiamo, allora, pieni di speranza, le migliaia di pellegrini che arriverann­o dalla Campania per donare l’olio della lampada di san Francesco. Attendiamo il premier Giuseppe Conte, che parlerà oggi all’italia dalla loggia del Sacro convento. Sabato arriverà il popolo della comunicazi­one a firmare il Manifesto contro le parole ostili, guidato dalla Federazion­e della stampa. Domenica sarà la volta della marcia della pace Perugia-assisi. Una coda interminab­ile unirà simbolicam­ente l’italia ad Assisi per costruire nuovi ponti. Tutti ai piedi di Francesco. È un segnale che, nonostante venti contrari, nessuno spegnerà.

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