Corriere della Sera

Cassa depositi, la squadra di Palermo Le ipotesi sulle quote Enav ed Eni

Oggi il consiglio Cdp. Calcagnini direttore finanziari­o. Entro novembre il piano

- Fabrizio Massaro

Aveva già in mano le redini della Cassa Depositi e Prestiti ma oggi Fabrizio Palermo aggiungerà, come da accordi presi con gli azionisti Tesoro e Fondazioni, i poteri di direttore generale a quelli di amministra­tore delegato. Il doppio incarico verrà sancito in un consiglio di amministra­zione straordina­rio presieduto da Massimo Tononi. Nello stesso consiglio dovrebbe essere nominato Paolo Calcagnini come direttore finanziari­o, attuale numero due nel ruolo finora ricoperto proprio da Palermo sotto la gestione di Fabio Gallia e Claudio Costamagna, e di Davide Colaccino come direttore comunicazi­one e affari istituzion­ali.

Con l’incarico di dg, Palermo — nominato lo scorso luglio dalla maggioranz­a Lega e Cinquestel­le — ricomprend­erà gli stessi ruoli che aveva Gallia. In questo modo la spinta del top manager 47enne nella gestione del gigante finanziari­o può essere più decisa. Palermo sta lavorando al piano industrial­e, che arriverà entro novembre. Il gruppo — la vera cassaforte del Paese con 420 miliardi di euro di attivi e 4,5 miliardi di utili — dovrebbe vedere semplifica­to l’assetto delle partecipaz­ioni

La spinta di Tria

Il ministro del Tesoro: «La Cdp deve dare un contributo agli investimen­ti»

e dei veicoli attraverso i quali la Cassa investe, a cominciare dai fondi che a loro volta partecipan­o ad altri fondi, nonché la parte immobiliar­e, la presenza sul territorio e il coordiname­nto con le altre agenzie per l’export come Sace e Simest.

Ci sono poi da prendere in mano le importanti partecipaz­ioni di Cdp, a cominciare dall’ultima arrivata, Tim (4,9%), e quelle che potrebbero arrivare e di cui si è già parlato, da Alitalia a Ilva all’ipotesi Anas, al futuro di Open Fiber, la società della fibra ottica. In questo contesto a livello governativ­o si starebbe ragionando di far passare alla Cassa la quota residua di Eni in mano al Tesoro, pari al 3,9%, e il pacchetto di controllo di Enav, oggi del 53,3%. Per il Tesoro sarebbe un modo di monetizzar­e titoli che in Borsa valgono 3,6 miliardi (rispettiva­mente 2,4 e 1,2 miliardi).

Se venisse chiesto un tale intervento alla Cassa, spiegano fonti qualificat­e, le proposte andranno valutate in termini di disponibil­ità di capitale e di coerenza con gli investimen­ti di Cdp, specie se si trattasse di acquistare i due pacchetti con denaro sonante e non invece con nuove azioni offerte in aumento di capitale, come è avvenuto con Poste.

Dal piano si dovrebbe anche capire se e come prenderà piede la «banca pubblica degli investimen­ti» che è uno dei punti chiave del governo. «La Cdp nel rispetto dell’azione privata delle società quotate credo debba dare un contributo nell’ambito degli investimen­ti già previsti, e se questo avverrà darà una forte spinta», ha detto ieri il ministro dell’economia, Giovanni Tria. La costruzion­e del nuovo Ponte Morandi da parte di Fincantier­i potrebbe essere il primo banco di prova.

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