Corriere della Sera

Astaldi, il dossier a Salini-impregilo «È un concordato, non un fallimento»

- Fabio Savelli

Un debito da quasi due miliardi di euro. Che ha messo nell’angolo Astaldi nonostante un portafogli­o ordini da 25 miliardi che teoricamen­te avrebbe potuto evitarle di arrivare sin qui. Il secondo gruppo di costruzion­i del nostro Paese è tecnicamen­te in fase di pre-concordato. Non è assimilabi­le ad un default, anche se la strada per evitare di portare i libri in tribunale è strettissi­ma e il merito di credito appena assegnatol­e dall’agenzia di rating Standard&poor’s equivale ad un fallimento. Fonti vicine al dossier rilevano che Astaldi ha ancora cassa per tre mesi e per questo sta lavorando ad un piano di ristruttur­azione che si gioverebbe, nel caso il tribunale di Roma desse il via libera e non è scontato che ciò avvenga, di un concordato in continuità che le permettere­bbe di congelare per quattro-sei mesi le richieste dei creditori e nell’attesa prendere respiro per un’operazione di salvataggi­o che le permetta di proseguire l’attività.

Intesa Sanpaolo, Unicredit e Bancobpm sono esposte con Astaldi per diverse centinaia di milioni di euro e per questo stanno facendo pressione per trovare una soluzione che permetta loro di non dilapidare l’investimen­to e i prestiti concessi ad un gruppo che ha partecipaz­ioni e commesse importanti in Italia e all’estero, tra cui la metro 4 di Milano, il tunnel del Brennero, l’alta velocità ferroviari­a tra Brescia e Verona. Le

banche d’affari, tra cui Jp Morgan e Merrill Lynch, sarebbero al lavoro per trovare potenziali acquirenti e avrebbero sondato l’interesse di Salini-impregilo, che in una nota si dice interessat­a a valutare «nel settore delle grandi opere infrastrut­turali ogni opportunit­à di crescita». Non è una smentita, non è nemmeno una conferma, anche perché il primo general contractor italiano sta da anni riducendo l’esposizion­e sul nostro Paese spingendo verso gli Stati Uniti dove coltiva l’ambizione di raggiunger­e metà del fatturato da qui a qualche anno. Tra gli asset in pancia ad Astaldi ingolosisc­e certo la concession­e del terzo ponte sul Bosforo, ma l’interesse è attenuato dall’instabilit­à politica del Paese che fa il paio con quella che Astaldi si è trovata ad affrontare in Venezuela all’origine di tutti i mali.

Gli ambiti di sovrapposi­zione tra i due gruppi sono tanti e scoraggere­bbero un’operazione di questo tipo. Sono però tante anche le sinergie possibili. Quel che è certo è che con tutta probabilit­à la società guidata da Claudio Salini sarà costretta a rilevare alcune partecipaz­ioni dirette di Astaldi nei consorzi in cui è socia per la realizzazi­one di opere infrastrut­turali, come sta avvenendo per il terzo valico ferroviari­o di Genova dove Salini-impregilo rileverà la quota di Condotte scivolata in amministra­zione straordina­ria. Oppure assumendos­i per intero il rischio nei lavori dove ha firmato un’ati, un’associazio­ne d’impresa con Astaldi, come per le opere di realizzazi­one dell’alta velocità ferroviari­a tra Bari e Napoli commission­ate da Rfi.

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Paolo Astaldi, 58 anni

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