Bekaert, c’è l’accordo sul salvataggio Cassa integrazione e premi a chi assume
La Cig per cessazione ai 318 dipendenti. Ora 15 mesi per trovare un’azienda interessata
È la vertenza simbolo dello smantellamento del Jobs act sugli ammortizzatori sociali. Parliamo della Bekaert, azienda di Figline Valdarno, in Toscana, produttrice di corde in acciaio. La crisi è cominciata quando la multinazionale belga che aveva comprato lo stabilimento dalla Pirelli ha annunciato lo spostamento della produzione in Romania. Ieri un primo risultato con l’accordo firmato nella notte. L’intesa ha come perno la reintroduzione della cosiddetta «cassa per cessazione», quella destinata alle imprese che non hanno futuro. Un intervento che il ministro del Lavoro Luigi Di Maio rivendica con forza. «La chiameremo cassa Bekaert», hanno detto al tavolo i rappresentanti del ministero.
Ieri pomeriggio, però, all’assemblea dei lavoratori si guardava già al futuro. E alla necessità di trovare una o più aziende pronte a subentrare. L’intesa prevede che Bekaert continui a fare funzionare lo stabilimento fino a fine anno. Quindi, nel 2019, i lavoratori saranno in cassa integrazione (l’assegno sarà di 980 euro o di 1.100, a seconda delle retribuzioni attuali). Per favorire l’assunzione degli ex Bekaert da parte dell’azienda (o delle aziende) che subentreranno, la multinazionale uscente sconterà di tasca propria 40 mila euro sul prezzo dell’immobile per ogni suo ex lavoratore assunto. Se, per ipotesi, tutti i 318 fossero ricollocati, Bekaert dovrebbe rinunciare a 12,72 milioni, una cifra abbastanza vicina al valore complessivo del sito produttivo (intorno ai 17 milioni). Chi invece non continuerà a lavorare per i futuri proprietari della fabbrica potrà contare su un incentivo all’uscita proporzionato all’anzianità che potrà arrivare fino a nove mensilità.
Anche il sindacato ieri si è intestato la chiusura dell’accordo frutto «della battaglia dei lavoratori» come hanno detto con parole diverse il vertice della Cgil (da Susanna a Camusso a Maurizio Landini) e il leader della Fim Cisl Marco Bentivogli.
A questo punto ci sono 15 mesi per trovare un’impresa interessata a subentrare sul sito produttivo. Al momento sarebbero due le più serie manifestazioni di interesse. Una da parte di un’azienda bielorussa disponibile a rilevare una parte della produzione, quella del cosiddetto filo-tubo. Per questo, però, basterebbero al massimo un centinaio di persone su 318. Poi ci sarebbe un’azienda italiana interessata a insediarsi a Figline per lavorare l’alluminio. «Vigileremo perché si completi la reindustrializzazione — diceva ieri Alessandro Beccastrini, segretario della Fim della Toscana, all’uscita dall’assemblea con i lavoratori —. E si torni al più presto a produrre».
Il contributo L’assegno sarà di 980 euro o di 1.100, a seconda della retribuzione attuale