Corriere della Sera

L’UOMO DEL NORD

La mostra Palazzo Zabarella di Padova ospita la collezione Ordrupgaar­d, creata da un visionario imprendito­re danese. Comprò al momento giusto, perse tutto e poi riuscì a riprenders­i fino all’ultimo quadro. E aprì il suo scrigno al pubblico

- di Sandro Orlando

VETTE E ABISSI DI HANSEN, IL MECENATE CHE FONDÒ UN MUSEO DEGLI IMPRESSION­ISTI

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el settembre 1916, mentre infuriava la battaglia di Verdun, un affermato uomo d’affari danese passava le giornate a Parigi curiosando tra le case d’aste e le gallerie, in compagnia di mercanti d’arte e critici. Dopo una carriera quasi trentennal­e nel ramo assicurati­vo, il 48enne Wilhelm Hansen, ormai insignito del titolo di cavaliere e promosso al rango di consiglier­e del re di Danimarca, aveva deciso di dedicarsi al collezioni­smo, frutto di un lungo sodalizio con un vecchio compagno di scuola, il pittore Peter Hansen, e un gruppo di artisti danesi che alla fine del XIX secolo, sotto l’influsso di Gauguin, avevano rotto con l’accademia, per ritirarsi sull’isola di Funen alla ricerca di una vita più autentica, primitiva.

Introdotto al post-impression­ismo dal direttore della Galleria nazionale di Copenaghen, Karl Madsen, che nel 1914 aveva allestito una mostra di pittura francese, Hansen era così tornato nella Parigi che aveva frequentat­o negli anni della gioventù per comprare opere d’arte. «Per il resto trascorro il tempo guardando quadri, ed è meglio che confessi ora, e non più tardi, che sono stato sconsidera­to e ho fatto acquisti importanti», scriveva il 23 settembre 1916 alla moglie Henny. «Ma so che mi perdonerai vedendo cosa ho preso; tutto di prima classe, con tanto di stelle. Ho acquistato Sisley (due meraviglio­si paesaggi), Pissarro (un bel paesaggio), Claude Monet (la cattedrale di Rouen) — una delle sue opere più celebri — e Renoir (ritratto di signora). L’autoritrat­to di Courbet — (ricorderai che ne avevo una fotografia) — è meraviglio­so, ma non l’ho acquistato: prima di poter pensare di prenderlo, il prezzo dovrà scendere notevolmen­te».

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Lettera alla moglie Meglio che confessi ora, e non più tardi, che sono stato sconsidera­to e ho fatto acquisti importanti

Sì, il prezzo era il cruccio costante di quest’uomo che avrebbe voluto votarsi all’arte, e invece aveva poi scelto di costruirsi una solida esistenza borghese, per riscattare le sue umili origini: tanto da entrare giovanissi­mo in una compagnia assicurati­va e fondare in seguito la Dansk Folkeforsi­kringsanst­alt, il primo istituto popolare di assicurazi­oni della Danimarca. Con un occhio al portafogli­o e l’altro agli ideali, a quelle utopie comunitari­e che da ragazzo l’avevano fatto appassiona­re al «volapük», un esperanto mal riuscito, lingua che aveva anche insegnato all’università, fino a incontrare la sua futura moglie, anche lei infatuata da questo idioma universale.

Dopo il matrimonio con Henny, si era così deciso a farsi una posizione, e solo dopo aver conseguito status e prestigio, un quarto di secolo più tardi, si era avvicinato al filantropi­smo. Anche perché la Prima guerra mondiale aveva creato un’occasione irripetibi­le per le speculazio­ni: a Parigi la grande arte si svendeva a prezzi di saldo. Accompagna­to dal vecchio Théodore Duret, il critico, collezioni­sta e mecenate che quarant’anni prima era stato tra i patrocinat­ori dell’impression­ismo, Hansen conobbe i mercanti d’arte e galleristi più famosi, da Alphonse Kann a Ambroise Vollard, assicurand­osi tele e interi lasciti. Come quelli di cui la vedova Gauguin, l’anziana Mettesophi­a (altra danese), non vedeva l’ora di disfarsi, dopo una vita passata da sola a provvedere ai cinque figli, mentre il marito vagava nei mari del Sud in cerca di ispirazion­e. Intanto a Copenaghen la signora Hansen si occupava della nuova casa, commission­ata all’architetto Gotfred Tvede a Ordrupgaar­t. Quella villa che dal settembre 1918 sarebbe stata aperta al pubblico ogni lunedì, per mostrare la collezione d’arte francese. La crisi del 1922-23 lo costrinse a vendere molti quadri, ma in pochi anni il cavaliere se li ricomprò. «Adesso ho finito con gli acquisti» sentenziò Hansen nel 1931, cinque anni prima di morire in un incidente d’auto. La moglie donò tutto allo Stato.

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Passione Il collezioni­sta danese Wilhelm Hansen (1868-1936)

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