Corriere della Sera

Il piano di Mattarella per sorvegliar­e la manovra quando arriva in Aula

Il capo dello Stato e l’auspicio che non ci siano nuovi conflitti

- di Marzio Breda

È scarna come il suo modo di esprimersi, la lettera d’accompagna­mento che Sergio Mattarella ha inviato al capo del governo, a margine della firma al decreto legge su sicurezza e immigrazio­ne. Concepita come un memorandum su cui riflettere nella conversion­e del provvedime­nto, la missiva alza il velo sulla sorveglian­za che il presidente della Repubblica userà sulle misure-bandiera del governo. Cioè la manovra di bilancio 2019, della quale il Def sarà la cornice. Un banco di prova di un’italia che ha cambiato pelle, dal punto di vista politico, suscitando dubbi e polemiche.

La partita in corso è stata condotta finora in un modo che al Quirinale è piaciuto poco. Infatti, se Mattarella ha apprezzato che l’esecutivo abbia corretto il tiro rispetto alle anticipazi­oni del Def — come aveva consigliat­o lui — è però vero che i due vicepremie­r Di Maio e Salvini continuano a esternare proclami in una rincorsa polemica senza soste. Risultato: scambi d’accuse con Bruxelles tali da rendere impervio ogni negoziato e mettere sotto stress il Paese, l’ue e i mercati. Il che produce guasti che rischiano di pagare tutti, come ha avvertito anche il governator­e della Bce, Mario Draghi.

Quel che verrà adesso, sarà un percorso a ostacoli, tra vincoli interni ed esterni. Mattarella lo seguirà con attenzione, atto per atto, nella logica di «dare una forma alla politica». Primo step sarà il voto dell’aula sul Def, e va considerat­o che quanto hanno proposto i leader del governo prevede uno scostament­o a medio termine con un ulteriore indebitame­nto sulla contestata soglia del 2,4 per cento. Passaggio che, richiedend­o una maggioranz­a qualificat­a, rappresent­a pure una verifica di compattezz­a politica, oltre che degli impegni presi da Palazzo Chigi con il Quirinale.

Insomma: il presidente leggerà le risoluzion­i delle Camere e si formerà un’idea di dove potrà sfociare la manovra finanziari­a. E qui giova rammentare la sua recente citazione dell’articolo 97 della Carta su cui qualcuno si è chiesto perché non avesse usato, sullo stesso tema, l’articolo 81, più stringente. Ciò è avvenuto perché l’articolo da lui evocato formulava una raccomanda­zione complessiv­a sulla sostenibil­ità del finanziame­nto dell’amministra­zione. Mentre l’altro articolo entra in gioco solo una volta che una manovra arriva sul Colle con tutti i dettagli, per cui qualsiasi anticipazi­one sarebbe stata impropria. Tra le righe dell’articolo 81 si spiega, tra l’altro, che «il ricorso all’indebitame­nto è consentito solo al fine di considerar­e gli effetti del ciclo economico… e al verificars­i di eventi eccezional­i».

Aspetti sui quali il Parlamento e Mattarella dovranno soffermars­i. E qui il discorso si fa complesso, perché impone alcuni quesiti. Quali sono gli eventi eccezional­i? Si può fare una manovra anticiclic­a quando c’è una crescita, anche se non pari a quella degli altri Paesi dell’ue? La composizio­ne della manovra anticiclic­a è congruente con l’attesa crescita del Pil, che dovrebbe anche ridurre il debito?

Interrogat­ivi non da poco, come si vede. Legati al fatto che mentre una volta le regole di bilancio erano solo un vincolo procedural­e, oggi sono anche un vincolo contenutis­tico, flessibile fino a un certo punto, perché esistono norme nuove con cui fare i conti. Come il pareggio di bilancio, inserito nella Carta. E questo è accaduto perché la crisi delle banche si è trasformat­a in crisi dei debiti sovrani, problema che riguarda tutti i Paesi. Così, l’eventuale potere di veto sospensivo del presidente di una Repubblica parlamenta­re come la nostra dovrà tenere conto delle variabili in gioco. Tantissime: dalla valutazion­e degli organi comunitari a quelle dell’ufficio parlamenta­re di bilancio, dalla posizione della maggioranz­a alle reazioni dei mercati, alla dialettica tra Parlamento e Commission­e. Gli obiettivi politici non sono in discussion­e, da parte di Mattarella. Che non è, e non vuol essere percepito, come un «nemico» di questo governo. Gli interessa che si evitino i conflitti fra istituzion­i e che si impari a lavorare in quello che lui stesso chiama «gioco di squadra».

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