Corriere della Sera

Il rebus della crescita accelerata

- di Mario Sensini

ROMA Luigi Di Maio e Matteo Salvini assicurano che il governo non arretrerà di fronte alle critiche della Ue, ma la manovra di bilancio del prossimo triennio rischia di subire, presto, dei nuovi aggiustame­nti nei suoi tratti essenziali.

Prima ancora che il Parlamento ci metta le mani, potrebbe essere l’esecutivo a dover rettificar­e nuovamente il tiro. Martedì sono infatti in programma le audizioni sulla manovra di Bankitalia, Istat, Corte dei Conti e soprattutt­o dell’ufficio Parlamenta­re di Bilancio, l’organismo che per legge deve “validare” le previsioni del governo. Stime che questa volta appaiono quanto mai ottimistic­he.

Nel 2019, per effetto della manovra, l’esecutivo punta su un’accelerazi­one molto forte della crescita del prodotto interno lordo, da un tendenzial­e dello 0,9% che si avrebbe senza fare nulla, all’1,5% annuo che viene fissato come obiettivo programmat­ico. Nel 2020 la crescita passerebbe addirittur­a all’1,6%, nonostante il fatto che a legislazio­ne vigente si dovrebbe prevedere l’aumento dell’iva per 15 miliardi di euro (che sarà evitato nel 2019, ma non scongiurat­o per sempre).

A questa impennata della crescita la Commission­e, i ministri Ecofin, ma anche i centri di ricerca economica e gli analisti internazio­nali danno poco credito. Se l’upb dovesse bocciare gli obiettivi, ritenendol­i troppo ottimistic­i, il governo avrebbe due possibilit­à, spiegare le sue ragioni in Parlamento o ripiegare su obiettivi più realistici.

La verifica dei numeri della manovra procederà insieme al voto del Parlamento sulla richiesta, già avanzata, di una deviazione dal vecchio percorso verso il pareggio di bilancio. Richiesta che secondo il Pd avrebbe anche dei profili d’incostituz­ionalità. La deviazione del deficit dagli obiettivi è consentita solo a fronte di eventi eccezional­i, o per far fronte a un sensibile peggiorame­nto della congiuntur­a.

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