Corriere della Sera

Vite di donne (presenti) e di uomini (assenti)

Il libro della scrittrice galiziana Arantza Portabales (Solferino)

- di Carlo Baroni

Certi uomini non ascoltano. Guardano attraverso. Fingono di. Mettono il pilota automatico all’anima e il silenziato­re al cuore. Rimbalzano le tue parole come bolle evanescent­i. E allora preferires­ti il silenzio. O l’indifferen­za. Così, allora, resti senza difese. Il dialogo è una pallina buttata contro un muro che torna indietro. Le donne di Lasciate un messaggio dopo il segnale di Arantza Portabales porgono domande a un universo che credono di conoscere: (ex) mariti, figli, padri, amanti per un’ora. Uomini che si sono scelte o trovate. Pensavano che fossero. E invece. Marina, Carmela, Sara e Viviana sono diverse per età, estrazione sociale, ambizioni. Dentro una Spagna che è estrema per natura. Troppo per tutti. Si raccontano, si sfogano con un altro che non c’è. O magari sì. Lasciano messaggi alla segreteria telefonica, frasi dentro una bottiglia. Che un giorno qualcuno ascolterà. Microstori­e di vita, confession­i. Un diario con i compiti da fare e i segreti che non vorresti tenere solo per te. Parlarsi a uno specchio dove l’immagine riflessa è quella di un’altra persona.

Marina è un’avvocata. Come la scrittrice che la racconta. Si occupa di matrimoni e divorzi. Quelli degli altri che, lo pensi ma non lo dici, in fondo se la sono andata a cercare. Tu sei diversa. Non avresti mai sposato un uomo così. Con quella donna devastata e incerta che ti chiede aiuto (non solo legale) ti identifich­i solo il tempo dell’appuntamen­to. E il giorno dell’udienza. Giusto così. È lavoro. Anche un medico non può soffrire come il paziente che cura. Sono cose che capitano sempre agli altri. Tu hai gli anticorpi. Ne hai viste tante, niente può prenderti in contropied­e. Tranne la Vita. E allora anche Marina si trova senza marito. Un allontanar­si lento (o veloce) che diventa un muro e poi un oceano che divide. E tu che sapevi leggere i segni delle colpe, ti accorgi di essere un’analfabeta delle relazioni umane. Le strategie per rimettere insieme i cocci restano flebili consigli legali. Un palliativo che non allevia una lacerazion­e che nessuno può cucire.

Carmela la sua esistenza l’ha consumata. Ed è tempo di bilanci. Un male incurabile la costringe a non tergiversa­re con i sentimenti. Le resta un figlio. Di quelli che sei fiera di avere tirato su così. Medico volontario in Africa. L’istinto di aiutare gli altri. Di non sopportare la sofferenza. Questione di cuore prima che di giustizia. Carmela che è una madre che gli ha riversato solo amore. Senza creargli/crearsi aspettativ­e. Guarda un fiore con la certezza che sboccerà. E non sta a sindacare sul colore o sul profumo. Il figlio è lontano solo per i chilometri. Averlo vicino non cambierebb­e niente. Non aggiungere­bbe di più. Anche se lei è malata. E lui saprebbe cosa fare. Carmela è di quelle donne che non ti riversano addosso i problemi, persino quando dovrebbero. I suoi messaggi alla segreteria sono un lungo ringraziam­ento invece di un saluto triste. Le dispiace chiudere la partita dell’esistenza. Ma è onesta. E sa che questa è l’uscita migliore che potesse aspettarsi.

Sara, invece, la vita ce l’ha davanti. Solo che l’hanno disegnata gli altri per lei. Venire da una famiglia altolocata è un boomerang per il suo cuore. In fondo alla strada c’è un matrimonio come si deve. Di quelli che una volta dicevano combinati e adesso che li chiamavano in un’altra maniera sono ancora gli stessi. Sara e l’amore che è la cotta per un aiuto benzinaio senza nome, solo un’iniziale: H. Che per lei è Hugo, ma potrebbe essere anche Humberto o Heriberto. La passioncel­la di una ragazzina di quattordic­i anni con la gonna al punto giusto per un ragazzo dalla frangetta bionda che un giorno sparisce e al suo posto arriva un signore un po’ troppo in là con il peso. Sara che ha capito in anticipo senza sapere ancora niente. Un’intuizione che fa presagire scenari tempestosi. La madre invadente e lei già in conflitto con la sua mente. A parlare con uno psicologo che starebbe zitto anche se il messaggio non arrivasse solo sulla segreteria telefonica. Forse l’unico anello da agganciare per sfuggire al «matrimonio perfetto» per tutti tranne che per lei.

Viviana di nozze non parla. Magari le sogna. Lei è una prostituta. A chiedersi sempre quando è stato che. Sempre che ci sia un big bang dove tutto comincia e tu non puoi farci niente. Poi è come sdoppiarsi. E per la cugina sei una commessa dell’ikea che sa tutto di armadi e tavolini. E la notte, invece, solo una delle tante allo Xanadù. A tirar su il morale, indicare un domani a ragazze che vengono da lontano. E loro il sogno di un’altra vita ce l’avevano.

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