Gravina (Figc): ecco come ridisegnerò il mondo del calcio
Il futuro presidente della Federcalcio racconta la sua «rivoluzione» di sistema
L’appuntamento è alle dieci. Gabriele Gravina, candidato unico alle elezioni federali del 22 ottobre, l’uomo che dovrà riaccendere il calcio italiano, arriva con un quarto d’ora d’anticipo e le idee molto chiare. Tempo da perdere non ce n’è. La sua agenda è piena, il telefonino squilla in continuazione, ma Gravina è un uomo sereno e profondamente convinto di quello che fa. «Fede, azione, alleanze», spiega. Un programma in tre parole per la rifondazione culturale. «C’è molto da fare e non ci si può risparmiare. Non ci sarà sosta se non sulla cima. Dobbiamo uscire dal Medioevo e puntare a un nuovo umanesimo».
Presidente Gravina come lo spiega ai tifosi che proprio lei e Sibilia, incapaci il 29 gennaio scorso di trovare un accordo per scongiurare il commissariamento della Federcalcio, siete ora gli uomini forti del rinascimento italiano?
«Il mio no quel giorno è stato un errore. Pensavo che fosse meglio il commissario. E invece mi sbagliavo. Ma quel momento, per quanto drammatico, è stato anche il punto di partenza che ci ha portato sino a qui. Ciascuno di noi ha fatto un passo indietro prima di farne due in avanti. Ci siamo conosciuti e abbiamo affinato l’intesa, insieme a Nicchi e Ulivieri. A gennaio il calcio era spaccato e impossibile da governare. Ora speriamo di aggregare e di arrivare a un largo consenso per dare vita alle riforme».
Da dove si parte?
«Dalla base. Vorrei reintrodurre l’ora di calcio nelle scuole. E poi certificare la qualità delle nostre scuole calcio e sviluppare gli asset giovanili».
Come sarà la rivoluzione di Gravina?
«Di sistema. Nel programma ho giocato con le parole: fede, azione, alleanze. C’è un piano strategico per arrivare in tempi rapidi a una nuova concezione del calcio. Un calcio più equo e sostenibile, il calcio della collettività e non dei singoli interessi. Come detto si parte dalla base, dai giovani, ma anche da una riqualificazione etica e morale. Vogliamo dare subito una scossa».
Deluso da Tommasi, che prima faceva parte dell’alleanza e poi si è tirato indietro?
«Non sono deluso da Damiano, mi spiace però verificare la sua schizofrenia e che sia rimasto sordo all’invito di partecipare al rinnovamento. La sua scelta è un atto immorale».
Otto mesi di commissariamento sono stati persi?
«Hanno creato tensioni. Credo che la colpa maggiore del commissario sia non aver coinvolto le componenti. Ha preso delle decisioni senza chiedere alcun parere o consiglio. Fabbricini è una persona perbene, ma isolarsi è stato un errore strategico».
Entriamo nel dettaglio del programma. Ha parlato dei giovani. E poi?
«Bisogna intervenire in fretta sulle infrastrutture e procedere subito alla riforma della giustizia sportiva. Il disastro estivo sui campionati lo stiamo pagando ancora sulla nostra pelle. Anche i tempi della giustizia sono importanti: devono essere celeri. E poi i controlli sui conti, il rating non come forma punitiva, ma per evitare di arrivare al punto di non ritorno».
Presidente, si troverà un c.t. scelto da altri.
«In condizioni generali sarebbe stato opportuno che certe decisioni fossero rimandate. Ma quella dell’allenatore della Nazionale non si poteva rinviare. O, per meglio dire, si poteva fare se il commissariamento fosse stato breve. Ma non è stato così…».
Ma lei cosa pensa di Mancini?
«È un bravo tecnico chiamato a gestire una situazione difficile sia perché non c’è una governance, sia perché la rosa a sua disposizione non è più quella di un tempo. Ma è preparato e dispensa tranquillità. Ora bisognerà assisterlo».
La Nazionale è l’asset più importante della Federcalcio. Si parla della riforma del Club Italia.
«Inteso proprio come un club, come fosse Juve, Milan o Torino. Io sarò il presidente, poi serve un consiglio direttivo. Il Club Italia sarà diviso in due aree: organizzativa e tecnica».
Arriverà Beppe Marotta?
«Sarebbe il profilo giusto perché stiamo parlando di un grande dirigente a livello europeo. Ci siamo confrontati e ho potuto verificare di persona il suo interesse. Ma la di- sponibilità, che c’è ed è reale, si scontra con i parametri economici. Non so se sarà un matrimonio possibile…».
Mancini, ultimo c.t. della lista, si lamenta dei troppi stranieri in serie A.
«Un problema serio di non facile risoluzione. Ci sono delle leggi e non possiamo cambiarle. Credo che l’ostacolo vada aggirato cercando di produrre i talenti in casa».
Gravina cosa vorrebbe portare di suo nella Federcalcio?
«Vorrei traslocare lo spirito imprenditoriale. Sono nel calcio da trent’anni, partito dalla terza categoria. Il mio Castel di Sangro è stato un modello gestionale universalmente riconosciuto. Ma da dirigente credo di averlo dimostrato da presidente della Lega Pro e da capo delegazione nelle varie Nazionali. È stato un grande orgoglio aver vinto una medaglia olimpica dopo 60 anni».
È tifoso?
«Da ragazzo adoravo Gianni Rivera, da dirigente ho ammirato soprattutto Gianni Agnelli, stimo tantissimo Arrigo Sacchi. Sono tifoso di tutte le Nazionali giovanili. Mi piace chi progetta il calcio puntando sui giovani come stanno facendo Fiorentina, Sampdoria, Atalanta e Udinese».
La riforma dei campionati è una delle sconfitte di Tavecchio.
«Per togliere 20 squadre nell’area professionistica servirebbero cinque anni. Meglio lavorare sulle norme che sono vecchie di trent’anni. La svolta deve essere il semiprofessionismo in serie C».
Come se li immagina i rapporti con Coni e governo?
«Il mio primo atto ufficiale sarà incontrare Malagò e il sottosegretario Giorgetti e a loro consegnerò la mia piattaforma di lavoro».
Con Lotito siete agli antipodi.
«È intelligente, conosce il calcio e ha ottenuto grandi risultati. Però abbiamo visioni completamente diverse: io scelgo sempre l’interesse generale».
Cosa ne pensa della Var che tanto fa discutere?
«È stata un’ottima intuizione che ha ridotto gli errori. Va migliorata e incentivata, magari proponendo due chiamate a squadra per partita. Ne parleremo con Nicchi. Quello della Var non può essere un processo statico».
Il suo mandato durerà circa due anni. Dopo cosa succederà?
«Faremo un tagliando e troveremo le soluzioni migliori. Oggi però non è un pensiero».
Occorre partire base, reintrodurre vorrei dalla l’ora calcio di nelle scuole. Non dobbiamo seguire interessi particolari e la scossa va data subito
Per le pro, squadre ridurre bisogna lavorare sulle norme, che sono vecchie di 30 anni. La svolta deve essere il semiprofessionismo in serie C
Mancini si lamenta per i pochi italiani in serie A, ma ci sono leggi chiare Credo che l’ostacolo si aggiri costruendo i talenti in casa
Va fatta subito la riforma della giustizia sportiva: stiamo pagando sulla nostra pelle il disastro estivo sui campionati