L’AZZARDO CHE TEMONO I MODERATI
L’aumento dello spread sui titoli italiani non dipende da un complotto, ma da legittime e comprensibili preoccupazioni nei confronti di ciò che sta accadendo in Italia. Per convincersene basta dare un’occhiata ai mezzi d’informazione internazionali. Le misure, i progetti, le dichiarazioni del nuovo governo giallo-verde sono considerate come primo «assaggio» di una trasformazione politica — il sovranismo al governo — che potrebbe in futuro interessare altri Paesi europei e forse la stessa Unione. Dopo la Germania e la Francia, siamo il terzo Paese per peso politico, abbiamo la seconda manifattura d’europa, condividiamo moneta e mercato con altri 19 Paesi membri. E ci stupiamo se gli altri ci osservano e ci giudicano?
I timori non provengono solo dal cosiddetto establishment, i «poteri forti». Ad essere perplessi e inquieti sono anche gli elettori moderati, quelli che si collocano fra il centrodestra e il centrosinistra e che desiderano il cambiamento ma in forme ordinate e prevedibili. E che ancora credono nel progetto europeo, anche se magari non condividono tutte le politiche Ue. Un recente rapporto del Pew Research Center segnala che questi elettori costituiscono ancora la maggioranza nei principali Paesi: Germania (68%), Francia (53%), Spagna (51%), Olanda (72%), Svezia (80%). In Italia la percentuale è al 47% e può darsi che sia recentemente diminuita.
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SEGUE DALLA PRIMA a stiamo in ogni modo parlando di una quota consistente di elettori, che molto probabilmente condividono i dubbi e i timori di tutti i moderati europei in merito allo scenario che si è aperto con la formazione del governo Di Maio-salvini.
La situazione italiana preoccupa per due motivi. Innanzitutto per gli sviluppi economici interni: debito, deficit e soprattutto i contenuti della manovra. L’obiettivo del governo è «risarcire» una lunga serie di categorie dai costi della crisi e, al tempo stesso, dare impulso al Pil. È vero che a certe condizioni non è impossibile conciliare la redistribuzione con la crescita. Ma è un’operazione che richiede strategie molto articolate e mirate, da realizzare tramite strumenti di alta precisione. Al di là dei numerini, ciò che sconcerta gli investitori internazionali e le istituzioni Ue è l’improvvisazione con cui il governo sta procedendo, i suoi continui ondeggiamenti, la mancanza di informazioni. I Cinque Stelle hanno presentato un primo disegno di legge sul reddito di cittadinanza nel 2013, ma sono arrivati al Ministero del Lavoro senza dati, stime, idee concrete. Di Maio ha scaricato sul ministro Tria il compito di «trovare i soldi». La
La lunga crisi
Da noi ha avuto costi sociali elevati, si può capire il desiderio di cambiare
stessa cosa si può dire per la flat tax voluta dalla Lega. Aspettiamo di esaminare la proposta di Legge di Bilancio. Intanto per chi ci guarda dall’esterno la strategia di spesa del governo appare come un vero e proprio azzardo. Come dargli torto?
La seconda preoccupazione
Salto nel buio Conciliare crescita e redistribuzione richiede strategie mirate e articolate
riguarda l’europa. Che cosa si propone esattamente il primo governo sovranista Ue su questo fronte? Sinora gli unici segnali sono stati di tipo esclusivamente negativo. Si è iniziato con il famigerato Piano B sull’uscita dell’italia dall’euro (che ogni tanto riemerge in qualche dichiarazione). Si è continuato con i pugni sul tavolo sugli sbarchi e gli ammiccamenti a Orbán (e Putin). Ora è iniziata una prova di forza con la Commissione sui famosi numerini, senza capire che il vero problema sono i contenuti. Il tutto condito da un linguaggio aggressivo e persino minaccioso. Giustamente mercati e partner si chiedono: Roma vuole distruggere la Ue? Si sta candidando ad essere l’epicentro di un terremoto che sconquasserà quell’edificio che l’italia contribuì a fondare sessanta anni fa? Se non è questa l’idea, come si vuole cambiare l’unione, esattamente?
Il ministro Savona ha preparato un documento per una nuova «Politeia» europea, che ha un approccio critico sull’austerità, ma è costruttivo per il futuro. Si tratta di una proposta condivisa e ufficiale? Sono queste le domande che si pone chi deve decidere se comprare i nostri titoli di stato. E sicuramente anche i leader di molti altri Paesi, con i loro elettori. L’impressione è peraltro che se lo stia chiedendo anche un numero crescente di italiani.
Vista dall’esterno, l’italia rischia di diventare un focolaio di instabilità economica e politica da cui dipende in larga parte il destino di tutto il continente. La lunga crisi ha avuto da noi dei costi sociali particolarmente elevati, il desiderio di cambiare è comprensibile. I salti nel buio sono però molto rischiosi. L’unica inquietante certezza è che non si sa dove finiremo.