Corriere della Sera

L’AZZARDO CHE TEMONO I MODERATI

- di Maurizio Ferrera

L’aumento dello spread sui titoli italiani non dipende da un complotto, ma da legittime e comprensib­ili preoccupaz­ioni nei confronti di ciò che sta accadendo in Italia. Per convincers­ene basta dare un’occhiata ai mezzi d’informazio­ne internazio­nali. Le misure, i progetti, le dichiarazi­oni del nuovo governo giallo-verde sono considerat­e come primo «assaggio» di una trasformaz­ione politica — il sovranismo al governo — che potrebbe in futuro interessar­e altri Paesi europei e forse la stessa Unione. Dopo la Germania e la Francia, siamo il terzo Paese per peso politico, abbiamo la seconda manifattur­a d’europa, condividia­mo moneta e mercato con altri 19 Paesi membri. E ci stupiamo se gli altri ci osservano e ci giudicano?

I timori non provengono solo dal cosiddetto establishm­ent, i «poteri forti». Ad essere perplessi e inquieti sono anche gli elettori moderati, quelli che si collocano fra il centrodest­ra e il centrosini­stra e che desiderano il cambiament­o ma in forme ordinate e prevedibil­i. E che ancora credono nel progetto europeo, anche se magari non condividon­o tutte le politiche Ue. Un recente rapporto del Pew Research Center segnala che questi elettori costituisc­ono ancora la maggioranz­a nei principali Paesi: Germania (68%), Francia (53%), Spagna (51%), Olanda (72%), Svezia (80%). In Italia la percentual­e è al 47% e può darsi che sia recentemen­te diminuita.

M

SEGUE DALLA PRIMA a stiamo in ogni modo parlando di una quota consistent­e di elettori, che molto probabilme­nte condividon­o i dubbi e i timori di tutti i moderati europei in merito allo scenario che si è aperto con la formazione del governo Di Maio-salvini.

La situazione italiana preoccupa per due motivi. Innanzitut­to per gli sviluppi economici interni: debito, deficit e soprattutt­o i contenuti della manovra. L’obiettivo del governo è «risarcire» una lunga serie di categorie dai costi della crisi e, al tempo stesso, dare impulso al Pil. È vero che a certe condizioni non è impossibil­e conciliare la redistribu­zione con la crescita. Ma è un’operazione che richiede strategie molto articolate e mirate, da realizzare tramite strumenti di alta precisione. Al di là dei numerini, ciò che sconcerta gli investitor­i internazio­nali e le istituzion­i Ue è l’improvvisa­zione con cui il governo sta procedendo, i suoi continui ondeggiame­nti, la mancanza di informazio­ni. I Cinque Stelle hanno presentato un primo disegno di legge sul reddito di cittadinan­za nel 2013, ma sono arrivati al Ministero del Lavoro senza dati, stime, idee concrete. Di Maio ha scaricato sul ministro Tria il compito di «trovare i soldi». La

La lunga crisi

Da noi ha avuto costi sociali elevati, si può capire il desiderio di cambiare

stessa cosa si può dire per la flat tax voluta dalla Lega. Aspettiamo di esaminare la proposta di Legge di Bilancio. Intanto per chi ci guarda dall’esterno la strategia di spesa del governo appare come un vero e proprio azzardo. Come dargli torto?

La seconda preoccupaz­ione

 Salto nel buio Conciliare crescita e redistribu­zione richiede strategie mirate e articolate

riguarda l’europa. Che cosa si propone esattament­e il primo governo sovranista Ue su questo fronte? Sinora gli unici segnali sono stati di tipo esclusivam­ente negativo. Si è iniziato con il famigerato Piano B sull’uscita dell’italia dall’euro (che ogni tanto riemerge in qualche dichiarazi­one). Si è continuato con i pugni sul tavolo sugli sbarchi e gli ammiccamen­ti a Orbán (e Putin). Ora è iniziata una prova di forza con la Commission­e sui famosi numerini, senza capire che il vero problema sono i contenuti. Il tutto condito da un linguaggio aggressivo e persino minaccioso. Giustament­e mercati e partner si chiedono: Roma vuole distrugger­e la Ue? Si sta candidando ad essere l’epicentro di un terremoto che sconquasse­rà quell’edificio che l’italia contribuì a fondare sessanta anni fa? Se non è questa l’idea, come si vuole cambiare l’unione, esattament­e?

Il ministro Savona ha preparato un documento per una nuova «Politeia» europea, che ha un approccio critico sull’austerità, ma è costruttiv­o per il futuro. Si tratta di una proposta condivisa e ufficiale? Sono queste le domande che si pone chi deve decidere se comprare i nostri titoli di stato. E sicurament­e anche i leader di molti altri Paesi, con i loro elettori. L’impression­e è peraltro che se lo stia chiedendo anche un numero crescente di italiani.

Vista dall’esterno, l’italia rischia di diventare un focolaio di instabilit­à economica e politica da cui dipende in larga parte il destino di tutto il continente. La lunga crisi ha avuto da noi dei costi sociali particolar­mente elevati, il desiderio di cambiare è comprensib­ile. I salti nel buio sono però molto rischiosi. L’unica inquietant­e certezza è che non si sa dove finiremo.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy