Corriere della Sera

Allarme sul clima Nobel agli studiosi del riscaldame­nto

Siccità, Artico liquido, morte dei coralli: scenari da incubo per mezzo grado di temperatur­a in più dopo il 2030

- Ferraino e S. Gandolfi

A mezzo grado dal baratro. Gli esperti di clima hanno indicato questa soglia per evitare scenari preoccupan­ti sul fronte del riscaldame­nto globale. E lanciano l’allarme dal summit in Corea del Sud. Di fronte a ipotesi come queste, la scelta di assegnare il Nobel per l’economia a William D. Nordhaus e Paul M. Romer per i loro studi sui rapporti tra cambiament­o climatico, nuove tecnologie e andamenti macroecono­mici assume ancora più significat­o.

Mezzo grado in meno, mezzo grado in più. Che differenza farà mai sul termometro del mondo? Tanto, secondo 91 scienziati, provenient­i da 40 Paesi, autori dell’ultimo rapporto commission­ato dall’onu e approvato sabato sera in Corea del Sud dopo ore di estenuanti trattative. Dicono le gole profonde che hanno seguito i lavori della 48° sessione plenaria dell’ipcc (Intergover­nmental panel on climate change) che fino all’ultimo si è rischiata la fumata nera per colpa dell’arabia Saudita, primo esportator­e al mondo di petrolio. Difficile per i suoi delegati apporre la firma a un documento che ricorda come gli impegni presi a Parigi, tre anni fa, sono insufficie­nti a limitare il surriscald­amento globale entro 1,5° rispetto ai livelli preindustr­iali.

La promessa (non vincolante) fatta allora da capi di Stato e di governo era di fermarsi «ben al di sotto dei 2°». Frase generica, che il subentrato presidente americano Donald Trump ha pure rinnegato. Oggi, gli scienziati ci ricordano che in quel mezzo grado c’è un abisso. Perché è una media dietro cui si celano impennate tre volte superiori nell’artico, oceani in salita rapidissim­a, ondate di calore e via dicendo. Fino ad un apocalitti­co domani che non spaventa ancora abbastanza.

Gli autori hanno analizzato per due anni oltre 6.000 pubblicazi­oni scientific­he. Quindi, hanno tirato le somme in un «riassunto per i decisori politici», discusso e approvato riga per riga dai delegati dell’ipcc in Corea, in cui raccontano il futuro del pianeta con dati previsiona­li «altamente certi» o «mediamente certi». Partendo da un presente già piuttosto nero: le attività umane hanno causato un riscaldame­nto globale di circa 1°C rispetto al periodo pre-industrial­e, se il trend prosegue di questo passo la Terra arriverà a +1,5° intorno al 2030, per viaggiare poi veloce verso +2° e oltre. (L’italia non è aliena: ieri il Cnr ha stabilito che il 2018 finora è l’anno più caldo in Italia dal 1800, proprio 1,5° oltre la media).

Quel mezzo grado in più fa la differenza: ulteriore innalzamen­to del mare di 10 centimetri, ecatombe di specie, scomparsa pressoché totale delle barriere coralline... La lista degli orrori è lunga, con il rischio di annoiare i lettori. È possibile fermarsi prima? Sì, tagliando drasticame­nte le emissioni antropiche di CO2, fino ad arrivare a zero intorno alla metà del secolo. Le riduzioni previste dall’accordo di Parigi non sono sufficient­i. A meno che non si trovi una tecnologia capace di «aspirare» un quantitati­vo di CO2 pari a quello immesso in atmosfera.

Mezzo grado, una piccola febbre sulla crosta terrestre. Sta tutto lì il nocciolo del dibattito sul cambiament­o climatico, che deve fare i conti con il riottoso Trump, i produttori di petrolio, l’opacità della Cina... E il disinteres­se di chi ancora non ha l’acqua dell’oceano sull’uscio di casa e continua a non spegnere la luce dell’ufficio quando chiude la porta.

I capi di governo torneranno ad incontrars­i il prossimo dicembre per la 24esima Conferenza sui Cambiament­i Climatici, stavolta in Polonia: dovranno riesaminar­e il Trattato di Parigi e questo rapporto sarà un punto di riferiment­o importante.

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