Corriere della Sera

AMBIGUI CENNI DI TREGUA MA LA MANOVRA RESTA IN SALITA

- Di Massimo Franco

Itoni si stanno ambiguamen­te abbassando: sebbene lo spread, invece, continui a viaggiare sopra i 300 punti, segnalando lo scarto tra interessi sui titoli di Stato italiani e tedeschi. Matteo Salvini, vicepremie­r e leader della Lega, dice il minimo per salvare un’apparenza di lealtà ai trattati europei. L’altro vice Luigi Di Maio, del Movimento Cinque Stelle, tradisce la voglia di rassicurar­e la Commission­e Ue. È come se tra i due fosse stato stipulato un piccolo, tacito «contratto europeo», nel quale l’uno continua a attaccare, l’altro abbozza il dialogo. È una divisione dei compiti che sembra non escludere più a priori una trattativa sulla manovra finanziari­a. Dipenderà dall’andamento dei mercati e dal responso delle agenzie che valutano l’affidabili­tà del debito italiano: un esito al quale la maggioranz­a di governo italiana guarda con aria di sfida; ma che in realtà mescola con messaggi di tregua e di ragionevol­ezza. Rimane da capire quanto siano convincent­i e se saranno in grado di fermare una china che si sta rivelando

I due volti

Sullo spread Lega e 5 Stelle continuano ad attaccare l’europa, ma Fico a Bruxelles riscuote i compliment­i di Moscovici

pericolosa. Il fatto che Salvini ieri abbia incontrato la leader francese del Rassemblem­ent national, Marine Le Pen, conferma una strategia ispirata da un nazionalis­mo antieurope­o. Quanto alla moneta unica, Le Pen ha riferito che secondo Salvini l’uscita dall’euro «per ora non è una priorità». Se a questo si aggiunge, per giustifica­re l’impennata dello spread, l’ennesimo attacco a una «manovra di speculator­i che puntano al fallimento» dell’italia, la situazione rimane in bilico. Anche se ammette di temere una situazione fuori controllo e aggiunge: «Nessuno pensi che faremo la fine della Grecia». Difficile ipotizzare che questo preluda a una rottura tra Movimento Cinque Stelle e Lega. Di Maio asseconda Salvini quando accredita la tesi di uno spread «provocato» da esponenti della Commission­e di Bruxelles: anche se ribadisce che «come governo, non vogliamo uscire né dall’euro né dall’ue». E trova una sintonia con la Germania, proprio mentre il presidente della Camera, Roberto Fico, del M5S, va a Bruxelles; e riceve dal commissari­o agli Affari economici, Pierre Moscovici, bestia nera del governo giallo-verde, i compliment­i per il suo «discorso europeista apprezzabi­le...». Moscovici azzarda la possibilit­à che nasca un «dialogo costruttiv­o». E Fico ricambia annunciand­o che «abbiamo convenuto tutti di abbassare i toni. E il commissari­o si è detto d’accordo anche rispetto alla lotta alla povertà». E ancora: «Nessuno deve avere pregiudizi». Forse il messaggio non è ancora arrivato a tutti: sono solo accenni di tregua da misurare nei prossimi giorni. E si indovina un certo scetticism­o. «Il problema», avverte Antonio Tajani, presidente del Parlamento Ue, di FI, «non è in Europa ma a Roma».

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