Prestiti alle aziende, i bond dovranno offrire almeno lo 0,5% in più
Non c’è solo lo spread Btpbund, arrivato ieri a quota 306 punti. C’è anche quello delle imprese, il tessuto produttivo che spinge l’economia ma che per crescere deve investire e per farlo deve spesso prendere soldi in prestito. E che ora rischiano uno stop sul mercato obbligazionario e di pagare di più i prestito bancari. Se l’andamento si confermerà, gli imprenditori per finanziarsi dovranno pagare di più. E quindi rischiano di rimandare gli investimenti.
I rendimenti
Il polso della situazione lo si legge nell’allargamento di 50 punti base (cioè lo 0,50%, sopra il tasso di riferimento) dei rendimenti sul mercato secondario delle obbligazioni già in circolazione. In pratica, gli investitori prezzano l’incertezza politica. È un’evoluzione innescata in estate dalle vicende politiche, che hanno surriscaldano lo spread. Il risultato è che negli ultimi dieci giorni nessuna azienda si sia più affacciata sul mercato. Ovvero, finché il ministro del Tesoro Giovanni Tria è riuscito a difendere la linea deficit-pil all’1,6%% i mercati hanno apprezzato. Poi, le finestre si sono chiuse.
La provvista
A inizio di settembre le aziende hanno piazzato bond in euro per quasi 3 miliardi. Tra le protagoniste, Snam, la società dei metanodotti, e le multiutility Iren e Aim di Vicenza, Gamenet (giochi) e la multinazionale dei tappi Guala. In generale però, rispetto solo alla primavera il costo delle emissioni è aumentato da un minimo di 30 a oltre 50 punti base. Il che si traduce in un costo che può arrivare, a seconda delle imprese, fino a quasi un punto percentuale in più. Terna, gruppo di elevato standing, ha collocato con successo un bond a 5 anni a 80 punti base mentre l’anno precedente ne pagava solo 50. Snam ne ha pagati circa 30 in più. Già a giugno, Fincantieri e Atlantia avevano deciso uno stop perché i tassi erano saliti. La disciplina nei conti pubblici — coniugata a rendimenti comunque più alti rispetto a un anno fa, iniziati in tutta Europa — era piaciuta agli investitori internazionali che di quei 3 miliardi emessi dalle aziende ne hanno comprati tra l’80 e il 90%.
I prestiti
Ma il cuore del problema sono le medie imprese, soprattutto quelle meno internazionali, per cui resta aperto solo il tradizionale canale bancario. Che fino ad ora non ha trasferito il maggior costo della provvista sui prestiti alle aziende. Ma si arriverà a un punto di svolta, perché il costo al quale le banche si finanziano subisce l’effetto trascinamento dello spread. Un esempio? Rispetto a inizio anno una grande banca italiana pagherebbe circa il 3% di interessi, cioè tra 170 e 180 punti base in più. Che a un certo punto si rifletteranno in parte sui tassi applicati alle imprese per ottenere denaro.