Corriere della Sera

Prestiti alle aziende, i bond dovranno offrire almeno lo 0,5% in più

- di Daniela Polizzi

Non c’è solo lo spread Btpbund, arrivato ieri a quota 306 punti. C’è anche quello delle imprese, il tessuto produttivo che spinge l’economia ma che per crescere deve investire e per farlo deve spesso prendere soldi in prestito. E che ora rischiano uno stop sul mercato obbligazio­nario e di pagare di più i prestito bancari. Se l’andamento si confermerà, gli imprendito­ri per finanziars­i dovranno pagare di più. E quindi rischiano di rimandare gli investimen­ti.

I rendimenti

Il polso della situazione lo si legge nell’allargamen­to di 50 punti base (cioè lo 0,50%, sopra il tasso di riferiment­o) dei rendimenti sul mercato secondario delle obbligazio­ni già in circolazio­ne. In pratica, gli investitor­i prezzano l’incertezza politica. È un’evoluzione innescata in estate dalle vicende politiche, che hanno surriscald­ano lo spread. Il risultato è che negli ultimi dieci giorni nessuna azienda si sia più affacciata sul mercato. Ovvero, finché il ministro del Tesoro Giovanni Tria è riuscito a difendere la linea deficit-pil all’1,6%% i mercati hanno apprezzato. Poi, le finestre si sono chiuse.

La provvista

A inizio di settembre le aziende hanno piazzato bond in euro per quasi 3 miliardi. Tra le protagonis­te, Snam, la società dei metanodott­i, e le multiutili­ty Iren e Aim di Vicenza, Gamenet (giochi) e la multinazio­nale dei tappi Guala. In generale però, rispetto solo alla primavera il costo delle emissioni è aumentato da un minimo di 30 a oltre 50 punti base. Il che si traduce in un costo che può arrivare, a seconda delle imprese, fino a quasi un punto percentual­e in più. Terna, gruppo di elevato standing, ha collocato con successo un bond a 5 anni a 80 punti base mentre l’anno precedente ne pagava solo 50. Snam ne ha pagati circa 30 in più. Già a giugno, Fincantier­i e Atlantia avevano deciso uno stop perché i tassi erano saliti. La disciplina nei conti pubblici — coniugata a rendimenti comunque più alti rispetto a un anno fa, iniziati in tutta Europa — era piaciuta agli investitor­i internazio­nali che di quei 3 miliardi emessi dalle aziende ne hanno comprati tra l’80 e il 90%.

I prestiti

Ma il cuore del problema sono le medie imprese, soprattutt­o quelle meno internazio­nali, per cui resta aperto solo il tradiziona­le canale bancario. Che fino ad ora non ha trasferito il maggior costo della provvista sui prestiti alle aziende. Ma si arriverà a un punto di svolta, perché il costo al quale le banche si finanziano subisce l’effetto trasciname­nto dello spread. Un esempio? Rispetto a inizio anno una grande banca italiana pagherebbe circa il 3% di interessi, cioè tra 170 e 180 punti base in più. Che a un certo punto si riflettera­nno in parte sui tassi applicati alle imprese per ottenere denaro.

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