Astaldi, Salini disponibile ma non da sola
L’ipotesi di conversione di una parte dei debiti in azioni. Il nodo delle commesse estere
Due miliardi. Come il debito di Astaldi. Rinegoziarlo, stralciarlo, convertirlo in azioni o in strumenti partecipativi? E poi l’aumento di capitale necessario per la continuità aziendale. Chi dovrà sottoscriverlo, con quali quote? Come valorizzare le partecipazioni nelle concessionarie e nei consorzi per la realizzazione di infrastrutture come l’alta velocità ferroviaria e i tracciati delle metropolitane di Milano e Roma? Tanti gli interrogativi per il salvataggio del secondo gruppo di costruzioni del Paese, con un portafoglio ordini rilevante e un’importante esposizione sull’italia.
In attesa del via libera del Tribunale di Roma alla domanda di concordato presentata da Astaldi, controllata dalla famiglia omonima tramite due diverse finanziarie, sono cominciati i primi contatti. Salini-impregilo, che condivide con Astaldi il rischio d’impresa in alcuni consorzi, non ha ancora avviato la fase di due diligence della società ma si è detta disponibile a valutarne l’acquisizione. L’ipotesi di un consolidamento nel settore trova diversi sponsor, anche in virtù degli investimenti per 53 miliardi per i prossimi 15 anni annunciati dal governo nella nota di aggiornamento al Def. Qualche giorno fa una frase sibillina del sottosegretario ai Trasporti, Edoardo Rixi, ha aperto la breccia. L’esecutivo, ha detto, sta studiando il modo di «iniettare liquidità nel settore» senza contravvenire alle regole Ue. Facile a dirsi, complicato a farsi. La stessa Salini-impregilo, che ha debiti per oltre un miliardo a fronte di 6,7 miliardi di ricavi, potrebbe valutare l’operazione se avesse il supporto delle banche esposte come Intesa Sanpaolo, Unicredit e Bancobpm che attendono il piano di Astaldi allineate sul da farsi. L’ipotesi è che possano valutare una conversione di parte del debito di Astaldi in strumenti partecipativi. Ristrutturando la quota restante e dilazionando i tempi di rimborso nel caso si configurasse un’operazione di aggregazione che permettesse di ridurre i rischi.
In filigrana ci sarebbe la volontà di coinvolgere Cassa Depositi e Prestiti, che però per vincoli di statuto non può intervenire in società in difficoltà ed è già alle prese con il grattacapo dell’aumento di capitale da 400 milioni da dover sottoscrivere pro-quota per Trevi. Non meno rilevante è la partita Condotte, terzo general contractor del Paese per ricavi scivolato in amministrazione straordinaria. Ecco perché nella ridda di ipotesi che si susseguono per Astaldi sembra prendere quota anche lo spezzatino della società, con la parte costruzioni che potrebbe entrare nel perimetro di Salini-impregilo, cuore delle sue attività, e la parte concessioni all’estero (tra cui il Ponte sul Bosforo) potrebbe essere venduta sul mercato ad uno o più acquirenti. A complicare lo scenario ci sarebbe il nodo delle commesse estere. Astaldi sta valutando uno scorporo per proseguire i lavori per non incorrere in procedure ostative per una società in concordato. Salini-impregilo potrebbe acquisirne una parte o il tutto, ma alcuni Paesi dove Astaldi sta operando presentano un profilo di rischio elevato.
Lo «spezzatino» Prende piede l’ipotesi di uno spezzatino tra la parte costruzioni e la parte concessioni