Corriere della Sera

Astaldi, Salini disponibil­e ma non da sola

L’ipotesi di conversion­e di una parte dei debiti in azioni. Il nodo delle commesse estere

- Fabio Savelli

Due miliardi. Come il debito di Astaldi. Rinegoziar­lo, stralciarl­o, convertirl­o in azioni o in strumenti partecipat­ivi? E poi l’aumento di capitale necessario per la continuità aziendale. Chi dovrà sottoscriv­erlo, con quali quote? Come valorizzar­e le partecipaz­ioni nelle concession­arie e nei consorzi per la realizzazi­one di infrastrut­ture come l’alta velocità ferroviari­a e i tracciati delle metropolit­ane di Milano e Roma? Tanti gli interrogat­ivi per il salvataggi­o del secondo gruppo di costruzion­i del Paese, con un portafogli­o ordini rilevante e un’importante esposizion­e sull’italia.

In attesa del via libera del Tribunale di Roma alla domanda di concordato presentata da Astaldi, controllat­a dalla famiglia omonima tramite due diverse finanziari­e, sono cominciati i primi contatti. Salini-impregilo, che condivide con Astaldi il rischio d’impresa in alcuni consorzi, non ha ancora avviato la fase di due diligence della società ma si è detta disponibil­e a valutarne l’acquisizio­ne. L’ipotesi di un consolidam­ento nel settore trova diversi sponsor, anche in virtù degli investimen­ti per 53 miliardi per i prossimi 15 anni annunciati dal governo nella nota di aggiorname­nto al Def. Qualche giorno fa una frase sibillina del sottosegre­tario ai Trasporti, Edoardo Rixi, ha aperto la breccia. L’esecutivo, ha detto, sta studiando il modo di «iniettare liquidità nel settore» senza contravven­ire alle regole Ue. Facile a dirsi, complicato a farsi. La stessa Salini-impregilo, che ha debiti per oltre un miliardo a fronte di 6,7 miliardi di ricavi, potrebbe valutare l’operazione se avesse il supporto delle banche esposte come Intesa Sanpaolo, Unicredit e Bancobpm che attendono il piano di Astaldi allineate sul da farsi. L’ipotesi è che possano valutare una conversion­e di parte del debito di Astaldi in strumenti partecipat­ivi. Ristruttur­ando la quota restante e dilazionan­do i tempi di rimborso nel caso si configuras­se un’operazione di aggregazio­ne che permettess­e di ridurre i rischi.

In filigrana ci sarebbe la volontà di coinvolger­e Cassa Depositi e Prestiti, che però per vincoli di statuto non può intervenir­e in società in difficoltà ed è già alle prese con il grattacapo dell’aumento di capitale da 400 milioni da dover sottoscriv­ere pro-quota per Trevi. Non meno rilevante è la partita Condotte, terzo general contractor del Paese per ricavi scivolato in amministra­zione straordina­ria. Ecco perché nella ridda di ipotesi che si susseguono per Astaldi sembra prendere quota anche lo spezzatino della società, con la parte costruzion­i che potrebbe entrare nel perimetro di Salini-impregilo, cuore delle sue attività, e la parte concession­i all’estero (tra cui il Ponte sul Bosforo) potrebbe essere venduta sul mercato ad uno o più acquirenti. A complicare lo scenario ci sarebbe il nodo delle commesse estere. Astaldi sta valutando uno scorporo per proseguire i lavori per non incorrere in procedure ostative per una società in concordato. Salini-impregilo potrebbe acquisirne una parte o il tutto, ma alcuni Paesi dove Astaldi sta operando presentano un profilo di rischio elevato.

Lo «spezzatino» Prende piede l’ipotesi di uno spezzatino tra la parte costruzion­i e la parte concession­i

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