ENI-BP, in Libia asse italo-britannico per petrolio e gas
Un Paese, la Libia, ancora travolto dalla guerra civile e dai tanti interessi geopolitici che si scontrano sul suo territorio dalla fine del regime di Gheddafi. L’eni ci lavora da sessant’anni e anche nei momenti più difficili non ha mai lasciato il Paese nordafricano. Al contrario: dopo la lettera di intenti sottoscritta ieri a Londra con la BP e la compagnia nazionale libica Noc, il gruppo petrolifero italiano rinsalda la sua presenza. Come? Avviando il negoziato per rilevare, a breve, metà delle concessioni che il colosso britannico si era guadagnato su suolo libico nel 2007 e creando di fatto una nuova alleanza, non solo d’affari.
Claudio Descalzi per il Cane a sei zampe, Mustafa Sanalla per la Noc, e Bob Dudley, chief executive officer di BP, si sono accordati perché all’eni finisca il 42,5% di tre aree contrattuali nelle quali fino ad oggi la compagnia britannica era titolare all’85%. Il restante 15% resterà nelle mani della Libyan Investment Authority, il fondo sovrano libico. Si tratta di concessioni sia a terra che a mare. Quest’ultima nelle acque del Golfo della Sirte, le altre due nella parte ovest della Libia che confina con Tunisia e Algeria (Ghadames). L’eni, inoltre, si prenderà la responsabilità dell’operatorship, ovvero dello sviluppo materiale delle operazioni di esplorazione, un ruolo attualmente svolto da BP. Per la controparte libica (la Noc insieme alla Banca centrale libica è rimasta sostanzialmente l’unica istituzione inalterata dal 2011, anche se l’est del generale Haftar l’ha recentemente messa in discussione) l’interesse è quello di sviluppare la produzione di petrolio e gas, come era nelle intenzioni dei primi anni Duemila. Oggi la Libia produce circa 1,25 milioni di barili di petrolio al giorno mentre prima della guerra civile era a quota 1,6 milioni.
Non può sfuggire inoltre come l’accordo con BP si presti anche a una lettura «geopolitica», creando una comunanza di interessi tra italiani e britannici, di cui anche gli altri soggetti che hanno mire sulla Libia dovranno tenere conto. Non ultima la francese Total e il governo di Parigi, che negli ultimi mesi si sono mossi con decisione su questo fronte, acquistando quote di giacimenti (il 16,3% di Waha dall’americana Marathon Oil) e promuovendo incontri internazionali sul futuro del Paese.