La «terza via» Registi stranieri per progetti creati a Milano
come pazze, pur perplesse. Vestirsi da uomini, allora non si usava, sembrava un’idea bizzarra, ma certo non gratuita: si capiva che era interessante, ma un poco sperimentale e certo in anticipo sui tempi. Salva nei panni femminili, io ero la verginella». Del resto, anche il poeta Elliott stava dalla Piacere Mariangela Melato (1941 – 2013) nel ruolo di Lussurioso per lo spettacolo ronconiano
parte del regista, scrivendo che i personaggi di Middleton-tourneur sono spettri proiettati dal mondo interiore degli incubi del poeta.
Sontuoso, grottesco, lussurioso, lo spettacolo di Ronconi ebbe vita breve e non facile. «Luca usava la sua ironia nel travestire i personaggi negativi, che certo non mancano: era quasi una rivincita contro il gentil sesso, mai così poco gentile». Ma c’era intorno al testo, in cerca di autore, chiacchiera e gossip: le girls del Vendicatore (ragazze di tutte le età, anche la Piaz e la Valmorin sono state giovani) furono immortalate dal fotografo più bravo e di moda, Willy Rizzo, compagno di rotocalchi di Elsa Martinelli. «Lo spettacolo — ricorda Ottavia — aveva
una sua ragion d’essere nella mente del regista. L’unica cosa brutta era il finale, con l’ingresso di quattro figuranti che Ronconi avrebbe voluto nude, cosa proibita dalla censura di 45 anni fa, figurarsi. Allora si inventò un cache sex di pelliccia, che era molto più pornografico dell’idea originale».
La mia sensazione, anche depositate al guardaroba memoria e nostalgia, è che tutti, regista e attrici, si fossero divertiti, a diversi gradi di consapevolezza, nel tirar fuori il peggio da questi personaggi emblematici dai nomi simbolici (Vindice, Lussurioso, Spurio, Supervacuo, Ambizioso), una festa grande di misantropia. Prodotta da Teatro Libero del generoso Paolo Radaelli, la Tragedia conteneva già i sintomi e le cure omeopatiche delle grandi intuizioni di Ronconi, la magniloquenza espressa e negata insieme nel fasto scenografico in equilibrio precario, il pessimismo globale, il gioco di capovolgere i sessi tanto non cambia nulla, tutti nemici dei dieci comandamenti. Nefandezze plurime e molto psico sessuali con i peggiori istinti messi all’asta nel Dna: massacro morale che Ronconi alleggerisce del peso naturalistico. Beffa, parodia, crudeltà, tutto vestito da donna: almeno curioso che oggi il regista Donnellan sia noto per aver allestito bellissimi Shakespeare invece con soli uomini. Pari e patta, non nel senso della cucitura dei pantaloni. Ottavia Piccolo
Ma il teatro è global o local? Esiste una terza via, forse più al passo coi tempi, che mescola le carte in tavola. Ha due facce: abituare il pubblico alla ricezione di spettacoli in lingua straniera, magari con sovratitoli, come già avviene al cinema, e creare progetti che coinvolgano artisti di diversa nazionalità. Come nel caso de «La tragedia del Vendicatore» da stasera al Teatro Strehler: produzione del Piccolo Teatro, regia di Declan Donnellan, con cast italiano. Una via che il Piccolo, già tra i fondatori dell’unione dei Teatri d’europa, negli ultimi vent’anni ha già intrapreso varie volte, a partire dal «Mercante di Venezia» con la regia di Stéphane Braunschweig (1999) fino a «Blackbird» (2011) diretto da Lluis Pasqual (come anche «Donna Rosita nubile», 2010), passando per, tra gli altri, «Tracce di Anne», regia di Katie Mitchell (1999), «Riccardo III», regia di Arpad Schilling (2003) e «Madre Coraggio e i suoi figli», regia di Robert Carsen (2006). A questi si aggiungono alcune prestigiose coproduzioni, per esempio con il Théâtre des Bouffes du Nord («Don Giovanni» e «Il flauto magico», regie di Peter Brook) o con il Teatro Nazionale di Grecia («Odissey», regia di Bob Wilson). In attesa delle due produzioni internazionali della prossima stagione («Ritorno a Reims», diretto da Thomas Ostermeier, e «Il ragazzo dell’ultimo banco» di Juan Mayorga, regia di Jacopo Gassmann) , sono da non perdere i quattro spettacoli del Festival «Le stagioni russe in Italia» (tre dell’alexandrinskij Theatre di San Pietroburgo e uno del Vachtangov State Academic Theatre di Mosca), «La Dama Duende» della Compañia Nacional, l’atteso «The repetition» di Milo Rau e il ritorno natalizio di «Slava’s Snowshow». E poi non dimentichiamoci delle tournée di quest’anno: l’evergreen «Arlecchino», che ha attraversato i cinque continenti con ultima tappa lo scorso ottobre ad Algeri, «Elvira» con i Teatri Uniti di Napoli a San Pietroburgo e «Il teatro comico», entrambi in scena a Istanbul il prossimo novembre.
Eravamo tutte perplesse dalle stravaganze del regista ma ci siamo divertite come pazze. E alla prima la scena continuava a crollarci addosso