Le super Ferrovie gialloverdi I dubbi tra i manager: da noi treni, non ambulanze
ROMA Nel palazzone romano di piazza della Croce Rossa, dove hanno sede le Ferrovie dello Stato, verso sera circolava una battuta riferita al soccorso offerto a Alitalia: «Avessero scambiato il nostro indirizzo per una vocazione? Qui facciamo circolare treni non ambulanze».
Sarà. Ma il corpaccione dell’azienda che conta oltre 81 mila dipendenti e mette sulla rete più di 10 mila treni al giorno, nel giro di un anno è riuscito a fagocitare l’anas (che adesso però il M5S vuole venga riscorporata), ha presentato un’offerta per rilevare la decotta Industria Italiana Autobus di Avellino, con soddisfazione del vicepremier Luigi Di Maio, e ieri ne ha presentata un’altra, non vincolante, per la commissariata Alitalia, anche questa chiosata con grande evidenza dal ministro dello Sviluppo economico. Che a questo punto ieri ha potuto definire le Fs «il primo gruppo al mondo di trasporto integrato gommaferro-aria».
Due delle tre operazioni portano la firma dell’amministratore delegato Gianfranco
Battisti, catapultato, da meno di tre mesi, alla guida del gruppo da un blitz del governo gialloverde che ha spazzato via i vertici «renziani» incautamente confermati dall’ex premier Paolo Gentiloni. Battisti, del resto, aveva già lavorato insieme all’ex ad Mauro Moretti, all’integrazione Fs-alitalia. Un progetto che prevedeva, come l’attuale, il «biglietto unico» e l’arrivo dell’alta Velocità negli aeroporti, ma che era stato accantonato per la sovrapposizione dei due business che lo rendeva poco conveniente.
Impossibile che Battisti non lo ricordi. Eppure il manager ha rispolverato quel piano in tutte le interviste e non ha battuto ciglio, almeno in pubblico, nemmeno quando il prezzo del contributo di Fs all’ennesimo salvataggio di Alitalia si è trasformato in un ingresso nel capitale, a fianco del Tesoro. Intorno a lui però, la prima linea dei manager che non è stata rimossa dopo l’uscita di Mazzoncini, rumoreggia. Una cosa è provare a acquistare una piccola azienda che produce autobus, sapendo che nel gruppo c’è Busitalia che opera in quel settore dei trasporti, in crescita. Un’altra è entrare nel business del trasporto aereo, in un’azienda che finora ha solo bruciato soldi pubblici.
In Ferrovie se ne è lungamente discusso. Fino a ieri, quando Di Maio, anticipando la notizia dell’ingresso dello Stato nel capitale di Alitalia, ha provocato la reazione stizzita del ministro dell’economia, Giovanni Tria. Nel braccio di ferro tra i due è finita Fs. Che, rendendo pubblica la propria manifestazione d’interesse, ha plasticamente dimostrato in che sede si prendano le decisioni su Alitalia.