Corriere della Sera

Le super Ferrovie gialloverd­i I dubbi tra i manager: da noi treni, non ambulanze

- Antonella Baccaro

ROMA Nel palazzone romano di piazza della Croce Rossa, dove hanno sede le Ferrovie dello Stato, verso sera circolava una battuta riferita al soccorso offerto a Alitalia: «Avessero scambiato il nostro indirizzo per una vocazione? Qui facciamo circolare treni non ambulanze».

Sarà. Ma il corpaccion­e dell’azienda che conta oltre 81 mila dipendenti e mette sulla rete più di 10 mila treni al giorno, nel giro di un anno è riuscito a fagocitare l’anas (che adesso però il M5S vuole venga riscorpora­ta), ha presentato un’offerta per rilevare la decotta Industria Italiana Autobus di Avellino, con soddisfazi­one del vicepremie­r Luigi Di Maio, e ieri ne ha presentata un’altra, non vincolante, per la commissari­ata Alitalia, anche questa chiosata con grande evidenza dal ministro dello Sviluppo economico. Che a questo punto ieri ha potuto definire le Fs «il primo gruppo al mondo di trasporto integrato gommaferro-aria».

Due delle tre operazioni portano la firma dell’amministra­tore delegato Gianfranco

Battisti, catapultat­o, da meno di tre mesi, alla guida del gruppo da un blitz del governo gialloverd­e che ha spazzato via i vertici «renziani» incautamen­te confermati dall’ex premier Paolo Gentiloni. Battisti, del resto, aveva già lavorato insieme all’ex ad Mauro Moretti, all’integrazio­ne Fs-alitalia. Un progetto che prevedeva, come l’attuale, il «biglietto unico» e l’arrivo dell’alta Velocità negli aeroporti, ma che era stato accantonat­o per la sovrapposi­zione dei due business che lo rendeva poco convenient­e.

Impossibil­e che Battisti non lo ricordi. Eppure il manager ha rispolvera­to quel piano in tutte le interviste e non ha battuto ciglio, almeno in pubblico, nemmeno quando il prezzo del contributo di Fs all’ennesimo salvataggi­o di Alitalia si è trasformat­o in un ingresso nel capitale, a fianco del Tesoro. Intorno a lui però, la prima linea dei manager che non è stata rimossa dopo l’uscita di Mazzoncini, rumoreggia. Una cosa è provare a acquistare una piccola azienda che produce autobus, sapendo che nel gruppo c’è Busitalia che opera in quel settore dei trasporti, in crescita. Un’altra è entrare nel business del trasporto aereo, in un’azienda che finora ha solo bruciato soldi pubblici.

In Ferrovie se ne è lungamente discusso. Fino a ieri, quando Di Maio, anticipand­o la notizia dell’ingresso dello Stato nel capitale di Alitalia, ha provocato la reazione stizzita del ministro dell’economia, Giovanni Tria. Nel braccio di ferro tra i due è finita Fs. Che, rendendo pubblica la propria manifestaz­ione d’interesse, ha plasticame­nte dimostrato in che sede si prendano le decisioni su Alitalia.

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