Corriere della Sera

Un burkini in piscina: si riapre in Francia la lite sui simboli religiosi

Linea di En Marche: più lo vietiamo, più lo indossano

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Stefano Montefiori

PARIGI Alla piscina Gayeulles di Rennes, in Bretagna, qualche giorno fa una donna è entrata in acqua in burkini, l’indumento che copre tutto il corpo tranne il volto. Il burkini, prodotto anche da grandi marche dell’abbigliame­nto sportivo, prende il nome da una paradossal­e unione tra bikini e burqa e permette di fare il bagno in mare o in piscina anche alle donne che seguono una versione rigorista dell’islam. In Francia si è riaperto così il dibattito dell’estate 2016, quando subito dopo l’attentato della promenade des Anglais sulle spiagge di Nizza si presentaro­no alcune donne in burkini.

In quell’occasione i sindaci della Costa Azzurra approvaron­o ordinanze che vietavano il burkini, poi annullate dal Consiglio di Stato. Stavolta, di fronte alle proteste di alcuni frequentat­ori della piscina, la sindaca socialista di Rennes, Nathalie Appéré, ha chiarito che il burkini è ammesso e ha chiesto di «non rendere isterico il dibattito pubblico». Il suo consiglier­e allo Sport, Yvon Léziart, ha precisato che «le sole esigenze da considerar­e sono l’igiene e la sicurezza. Il costume da bagno deve essere fabbricato in una materia, per esempio la lycra, adatta al nuoto, e non va indossato prima dell’ingresso negli spogliatoi. Il resto non ci riguarda».

Molti non sono d’accordo, come il consiglier­e della destra repubblica­na Gurval Guiguen: «Il dibattito è interessan­te non perché il fenomeno sia importante nei numeri — per adesso è ancora marginale — ma perché è concreto da un punto di vista ideologico: mostra la divisione tra coloro che vogliono combattere l’islam estremista, e quelli voltano lo sguardo».

All’epoca del caso di Nizza il primo ministro era Manuel Valls, interprete di una linea intransige­nte contro l’islam radicale, e infatti Valls appoggiò il divieto. Macron ha una visione più accomodant­e della questione. In passato il presidente è arrivato a parlare semmai di una «radicalizz­azione della laicità». Così il deputato di En Marche Mustapha Laabid è favorevole a permettere il burkini perché «più lo vogliamo vietare, più le donne lo comprerann­o in segno di sfida. Oggi sono 6, domani saranno 600. È lo Stato a essere laico, non i cittadini.

L’episodio

A Rennes il caso: la sindaca ha chiesto di non rendere isterico il confronto pubblico

Non possiamo proibirlo, è solo un costume da bagno».

Il dibattito potrebbe ampliarsi nei prossimi giorni, quando è atteso un parere del Comitato dei diritti dell’uomo dell’onu sul burqa. Secondo il quotidiano cattolico La Croix, i 18 giuristi del Comitato starebbero per giudicare negativame­nte la legge del 2010 che proibisce di nascondere il volto nello spazio pubblico, evocando una «minaccia alla libertà religiosa» e una «discrimina­zione» verso le donne.

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