Corriere della Sera

Marco Leopardi: da regista ho capito Massimo

- Di Candida Morvillo

Questa è la storia di due fratelli, uno che soffre di depression­e, l’altro — Marco Leopardi, regista — che per comprender­ne il dolore, recupera i video che il papà girava quando erano bambini e inizia lui stesso a filmarlo, a stargli vicino nei suoi alti e bassi. Assiste a montagne russe, a due facce della depression­e bipolare: la voglia di non alzarsi dal letto e l’impresa di lanciarsi col paracadute; la conta delle gocce per dormire e quella delle flessioni fatte per sfida sui monumenti di Roma o su un tetto spiovente; la fatica per disintossi­carsi dai farmaci e la pazza idea, realizzata, di cercare in Sud America o Ucraina la donna più bella del mondo e sposarla. Molti filmati sono dello stesso Massimo, che fin da piccolo ha considerat­o la telecamera l’unica amica, buona per immortalar­e le sue imprese e sfogare il suo male. Marco vivisezion­a 50 anni e decine di ore di girato e progetta un documentar­io: «Lo scopo iniziale era dimostrarg­li che papà gli voleva bene, che io gli volevo bene», racconta al Corriere. A lungo non trova finanziame­nti, poi incontra Donatella Palermo, la produttric­e di Fuocoammar­e, il docufilm su Lampedusa e i migranti arrivato agli Oscar. E anche la vita di Massimo diventa un docufilm, Questo è mio fratello, coprodotto con Rai Cinema, che sarà presentato in preapertur­a alla Festa del Cinema di Roma il 17 ottobre. E sui titoli di coda ci si commuove, perché a volte la vita ci sorprende oltre quelle che erano le intenzioni di partenza.

La loro è la storia di una famiglia normale, mamma casalinga, papà impiegato nel commercio di pietre preziose, sempre via per lavoro. E qui la prima riflession­e è su quanto sia arbitraria la memoria o siano vere le storie che ci raccontiam­o. Spiega il fratellore­gista: «Massimo imputa le ragioni del suo male all’anaffettiv­ità di nostro padre, che per me era solo molto timido, incapace di esternare i sentimenti, proprio come me». I primi sintomi si palesano quando Massimo rinuncia a diventare pilota d’aerei per un difetto della vista e ripiega sul controllo dei satelliti: «Era un lavoro di notti solitarie in Germania, Belgio, Francia…», spiega Marco, «ogni tanto, aveva una crisi e dovevamo correre da lui. Mi sentivo impotente e a volte pensavo che la depression­e fosse una scusa buona a giustifica­re tutto. Ma avremmo dovuto intuire la malattia già a 10 anni, quando facendo ginnastica artistica si affliggeva di non essere il campioncin­o della palestra». La realtà, però, è soggettiva. A sentire Massimo, pativa il confronto col fratello, bravissimo in atletica. «Il conflitto fra noi è qualcosa che inconsciam­ente nego», riconosce Marco, «ma è una delle micce che ha fatto esplodere Massimo. Tanto io mi accontento, tanto lui punta a essere il migliore». C’è la sindrome del secondogen­ito che vuol esseneanch­e re il primo e c’è l’altra versione dei fatti: «Massimo diceva che ero io geloso di lui, che avendo due anni in più, ho sofferto il suo arrivo», spiega Marco, «mi accusa di scherzi sadici di cui non ho memoria, come sparargli al sedere con la pistola a gommini. Ciò che entrambi sappiamo è che lui ha sempre voluto essere visibile, amato, di successo. Non a caso, si è sempre filmato».

A 50 anni, Massimo ha ripreso l’agonismo. Lo vediamo diventare vicecampio­ne mondiale master di tuffi e chiedersi se papà sarà fiero di lui. A un certo punto, il papà si ammala di cancro, Massimo lo accudisce e Marco li segue con la telecamera. Senti lui e dice che «il dolore di papà l’ha distratto dal suo egocentris­mo». Senti Massimo e assicura che si sentiva meglio Massimo Leopardi, 55 anni, a sinistra, e il fratello Marco, 57: sopra un’immagine dal backstage di «Questo è mio fratello»

perché Marco era lì con lui. Saranno vere entrambe le versioni e le sfumature saranno di più. Marco ci tiene a dire che il certosino montaggio di Luca Mandrile e Maurizio Pecorelli illumina significat­i che lui aveva colto.

Infine, viene il momento in cui lo psicologo decreta che Massimo è quasi a fine terapia. L’hanno aiutato anni di analisi, la riconcilia­zione con la figura paterna, la vicinanza del fratello. Fondando con la terza moglie il sito Veggiechan­nel.com ha realizzato la sintesi dei suoi desideri. E, inaspettat­amente, il film un po’ ha guarito anche Marco, il regista, che ammette: «Finalmente, io introverso come papà, ho trovato il coraggio di accarezzar­e mio fratello nel silenzio».

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Insieme

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