Corriere della Sera

La luce di Yanghee nell’orrore birmano

- di Paolo Lepri @Paolo_lepri

Èlei, Yanghee Lee, l’avversaria principale di Aung San Suu Kyi, che da simbolo della resistenza contro il dispotico regime del Myanmar si è trasformat­a nella leader «de facto» di un Governo macchiatos­i di una delle persecuzio­ni più gravi degli ultimi decenni: quella contro il gruppo etnico di religione islamica dei Rohingya. Due donne con un background culturale simile e prestigios­i studi all’estero si affrontano. Da lontano, però, perché la seconda impedisce alla prima di entrare nel Paese. La posta in gioco è alta: portare gli assassini sul banco degli imputati.

Diciamo questo perché Yanghee Lee — sudcoreana, sessantadu­e anni, inviata speciale delle Nazioni Unite per il Myanmar — ha auspicato nel suo ultimo rapporto (diffuso alcuni giorni fa su Twitter) che la Corte Penale Internazio­nale si occupi in futuro dei crimini compiuti dalla cricca di cui la «signora», premio Nobel per la pace nel 1991, è diventata l’immagine e la rappresent­ante nel mondo. Per la professore­ssa di Seul, laureata in psicologia alla Sungkyunkw­an University e in filosofia a Georgetown — una parte della vita dedicata alla difesa dei diritti dei bambini — si è trattato di una decisione difficile, tenendo conto anche delle protezioni di cui il governo birmano gode a Pechino e a Mosca. Ma quanto è avvenuto dall’agosto scorso nella regione di Rakhine è una pagina di orrore che non si può assolutame­nte chiudere: assassini sistematic­i, lo stupro come «calcolato strumento di terrore», i villaggi incendiati. Sono oltre 700.000 i profughi costretti ad una disperata fuga nel Bangladesh.

In un articolo apparso recentemen­te su

El País, il giudice spagnolo Baltasar Garzón ha sostenuto che la tragedia dei Rohingya «deve convertirs­i in una occasione per riflettere sulla necessità di avanzare sulla strada della giustizia universale, utilizzand­o il principio della giurisdizi­one universale come uno strumento prezioso». Vedremo. Gli ostacoli sono tanti e il multilater­alismo sta ricevendo colpi sempre più duri. Intanto, però, Yanghee Lee ha annunciato che il consiglio dei diritti umani dell’onu documenter­à i crimini, raccoglier­à le prove, organizzer­à l’aiuto legale per le vittime. E c’è chi, invece, vorrebbe abolire le Nazioni Unite.

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