La luce di Yanghee nell’orrore birmano
Èlei, Yanghee Lee, l’avversaria principale di Aung San Suu Kyi, che da simbolo della resistenza contro il dispotico regime del Myanmar si è trasformata nella leader «de facto» di un Governo macchiatosi di una delle persecuzioni più gravi degli ultimi decenni: quella contro il gruppo etnico di religione islamica dei Rohingya. Due donne con un background culturale simile e prestigiosi studi all’estero si affrontano. Da lontano, però, perché la seconda impedisce alla prima di entrare nel Paese. La posta in gioco è alta: portare gli assassini sul banco degli imputati.
Diciamo questo perché Yanghee Lee — sudcoreana, sessantadue anni, inviata speciale delle Nazioni Unite per il Myanmar — ha auspicato nel suo ultimo rapporto (diffuso alcuni giorni fa su Twitter) che la Corte Penale Internazionale si occupi in futuro dei crimini compiuti dalla cricca di cui la «signora», premio Nobel per la pace nel 1991, è diventata l’immagine e la rappresentante nel mondo. Per la professoressa di Seul, laureata in psicologia alla Sungkyunkwan University e in filosofia a Georgetown — una parte della vita dedicata alla difesa dei diritti dei bambini — si è trattato di una decisione difficile, tenendo conto anche delle protezioni di cui il governo birmano gode a Pechino e a Mosca. Ma quanto è avvenuto dall’agosto scorso nella regione di Rakhine è una pagina di orrore che non si può assolutamente chiudere: assassini sistematici, lo stupro come «calcolato strumento di terrore», i villaggi incendiati. Sono oltre 700.000 i profughi costretti ad una disperata fuga nel Bangladesh.
In un articolo apparso recentemente su
El País, il giudice spagnolo Baltasar Garzón ha sostenuto che la tragedia dei Rohingya «deve convertirsi in una occasione per riflettere sulla necessità di avanzare sulla strada della giustizia universale, utilizzando il principio della giurisdizione universale come uno strumento prezioso». Vedremo. Gli ostacoli sono tanti e il multilateralismo sta ricevendo colpi sempre più duri. Intanto, però, Yanghee Lee ha annunciato che il consiglio dei diritti umani dell’onu documenterà i crimini, raccoglierà le prove, organizzerà l’aiuto legale per le vittime. E c’è chi, invece, vorrebbe abolire le Nazioni Unite.