San Sperate, il riscatto raccontato sui
Compiono 50 anni i murales del paese sardo Così un mondo di pescatori e contadini perpetua il suo Sessantotto nel segno dell’arte
Quando apre la finestra nella stanza da letto della casa che il padre sellaio le ha lasciato, Raffaella Brisu diventa, con tutta la sua timidezza, l’involontaria comparsa umana al centro del murales «il Santo Patrono». Gli abitanti di via San Giovanni, appena si affacciano all’uscio, hanno invece l’impressione di camminare sull’acqua visto che l’asfalto è blu. Se Mariano Corda, artista del ferro, pescatore, teatrante e contadino, si stupisce nel vedere i bambini accarezzare le biciclette da lui forgiate e sognare di staccarle dai muri bianchi magari per pedalare sino alle miniere del vicino Sulcis, Angelo Pilloni non si sorprende ogni volta che entra in questo borgo del Campidano a due passi da Cagliari: sa che limoni e pesche dipinti sul gabbiotto elettrico rappresentano il suo benvenuto a chi raggiunge il paese-museo di San Sperate. Da cinquanta anni, infatti, le case di fango sono state trasformate in tele a cielo aperto sulle cui pareti 400 murales, nonostante e anche grazie all’usura del tempo, alla testardaggine del sole e della polvere, raccontano il riscatto di questo villaggio di coltivatori di frutta attraverso l’arte.
Il primo a intuire quanto la pittura potesse sublimare l’estetica dell’abitato fu Pinuccio Sciola: tornato da un viaggio di iniziazione in Spagna, Francia e Austria, coinvolse i compaesani nell’imbiancamento a calce delle case per la Festa del Corpus Domini, poi arrivarono artisti dalla Sardegna compreso Aligi Sassu (i suoi murales però sono andati distrutti dalla manovra azzardata di un carro) e da tutto il mondo. Adesso, scomparso il geniale padre del muralismo che ha lasciato in eredità anche il «Giardino Sonoro», dove i figli fanno tintinnare il suono racchiuso nelle pietre, tocca all’associazione No Arte mantenere viva la missione di questo borgo in stile un po’ messicano. I suoi componenti hanno un’età che va dai 6 anni di Chiara ai 70 e oltre del decano Pilloni, e soprattutto hanno una passione per San Sperate che li porta a invitare giovani writer dall’accademia di Belle Arti di Colonia e dalla Bienal di Cerveria in Portogallo che presto potranno essere ospitati in un Centro Internazionale degli scambi. Il loro ritrovo è il Centro Civico Culturale, dove è anche narrata con fotografie la storia del movimento artistico nato qui appunto nel 1968.
Ma la vera casa dei muralisti di qui è la strada. «A volte guido i turisti — dice Eleonora Lusci, studentessa 16enne — e scrivo un diario sugli eventi che organizziamo». «La gente ha accolto subito l’entusiasmo di Sciola, offrendo le proprie case — racconta Mariano Corda —, ed esprimendo la propria preferenza quando si trattava di colorare l’asfalto. Hanno vinto rosso, giallo e verde». Se in Via Assemini le figure azzurre