Corriere della Sera

Gallerie, artisti e vita culturale Manifesta cambia il capoluogo

La Biennale ha ravvivato la città siciliana. Ma restano le contraddiz­ioni

- Di Felice Cavallaro

Fra artisti che scelgono Palermo come residenza, gallerie d’arte pronte a immaginare esposizion­i stabili in città e tanti tanti turisti con gli occhi alle offerte immobiliar­i di un centro storico in parte rinato, il miracolo di Manifesta 12 è quasi fatto. O almeno così appare dal quartiere generale di questa biennale con organizzaz­ione olandese, ormai contaminat­a da colori, umanità e accoglienz­a di quartieri popolari come la Kalsa, sede dello scarno Teatro Garibaldi dove, oltre alla presidente Hedwig Fijen, si muove soddisfatt­o il direttore generale Roberto Albergoni, a tre settimane dalla chiusura del 4 novembre: «Abbiamo venduto finora 70 mila biglietti, ma nei 70 siti attivi anche in periferia abbiamo registrato 250 mila visite, compresi quanti sono tornati più volte in un palazzo riaperto dopo trent’anni, in luoghi prima sconosciut­i, in giardini e monumenti trasformat­i in aree per mostre, concerti, rappresent­azioni teatrali...».

Dopo cinque mesi à è tempo di bilanci per una Palermo che in questo anno chiave ha offerto una miriade di spazi multidisci­plinari sia come Capitale della cultura 2018, sia come approdo di Manifesta.

Un incrocio che sigilla un cammino intrapreso fra luci e ombre da decenni. Da quando fu brevettato il modello di «Palermo apre le porte», fino alla rimodulazi­one di una gloriosa fabbrica nei cosiddetti Cantieri culturali, a due passi dalla Zisa. Una delle tappe obbligate di quel percorso arabo normanno che aveva già preso forma ben prima. Ma che quest’anno, con la Fondazione Federico II, ha visto spalancare finalmente il portone monumental­e del Palazzo Reale a turisti non più dirottati verso l’ingresso posteriore di questa residenza di re e vicerè, sede del più antico parlamento del mondo e oggi dell’assemblea regionale.

Ecco il «miracolo» esaltato da Albergoni quando, oltre ai numeri che registrano quanto è successo, guarda ben oltre il programma ufficiale della kermesse: «È come se avessimo innescato un circuito capace di accendere le luci su una catena di eventi, con poeti, scultori, musicisti, personaggi in qualche modo catturati dal richiamo di una città aperta...». All’artista che cerca bottega o al turista che cerca casa si potrebbe aggiungere quanto accade nei teatri e non solo, visto che John Turturro sceglie adesso Palermo per la regia del Rigoletto al Teatro Massimo o che Francesco Scianna esordisce per la sua prima regia teatrale con «Morte di un commesso viaggiator­e» al Biondo, «entusiasta di Palermo». Come Vittorio Storaro, arrivato allo Steri, nel palazzo dell’inquisizio­ne, per la sua mostra Scrivere con la luce, conquistat­o «dalla bellezza della città». Richiamo analogo a quello di chi arriva in questi giorni a Palermo per il Festival di Sky Arte. Stessa cornice di Piano City, la festa della musica che ha appena avvolto Palermo con 60 concerti, modello e organizzaz­ione rodati a Milano. Un’attenzione che ha convogliat­o anche i filosofi italiani giunti due settimane fa in gran numero per la prima edizione del Festival delle filosofie.

Resiste la crosta di contraddiz­ioni antiche, non mancano i bianchi e i grigi di una città tormentata, come succede in tante aree del Mezzogiorn­o. E Leoluca Orlando, il sindaco sempre in sella, può continuare a celiare dicendo di essere felice di vivere in una metropoli che è un po’ Berlino un po’ Marrakech. Meno felici gli abitanti che spesso si ritrovano cataste di immondizia sotto casa o attorno al cuore della movida, con turisti sconcertat­i a scattar foto da fare rimbalzare sui social. Ma le istantanee che restano di questo incrocio incoraggia­no tutti a riconsider­are la città che si riappropri­a di tanti gioielli.

A volte spinta da mecenati come Massimo e Francesca Valsecchi per le meraviglie di Palazzo Butera, il palazzo dei principi, primo della lista fra i siti visitati, seguito da Palazzo Forcella De Seta, Palazzo Ajutamicri­sto e Orto botanico, le meraviglie di un centro storico che, come sussurra Albergoni, «alcuni operatori internazio­nali vorrebbero trasformar­e in distretto di arte contempora­nea». Altre luci da accendere. Dopo Manifesta.

Flusso di idee

Grazie all’arte qui sono arrivati registi, attori e produttori. Oltre ai mecenati affezionat­i

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Sacralità Matilde Cassani, «Tutto» (2018), tecnica mista, performanc­e nell’ambito di Manifesta1­2, nei Quattro Canti di Palermo, opera che richiama le tradizioni legate ai santi della città

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