Verdi garanzia dei teatri Il «Trovatore» del Regio esalta orchestra e coro
Da un lato la moda dell’italianità e la convinzione che la musica italiana sia solo Verdi e non «anche» Verdi; dall’altro il teorema (in verità da dimostrare) che solo Verdi e Puccini fanno botteghino: il fatto è che non s’è mai programmato tanto Verdi come in questi ultimi mesi, specie in quei teatri il cui bilancio preoccupa. Come al Regio di Torino, dove la sobria serata inaugurale della stagione d’opera prende il via con le maestranze schierate in palcoscenico a leggere, tra gli applausi, un civilissimo comunicato di protesta e dove il titolo previsto — la rarità Siberia di Giordano — è stato prontamente sostituito dal più rassicurante Trovatore. L’allestimento non è nuovo, data la situazione.
Ma si poteva pescare meglio dal mazzo anziché riproporre lo sciapo spettacolo di Paul Curran che si vide a Bologna nel 2005. La cosa positiva è che il Verdi che si dirige oggi è mediamente molto migliore di quello di un decennio fa, quando molti interpreti volevano essere raffinati a tutti i costi. Quello di Pinchas Steinberg è tosto come il suo nome, invece. Ruvido, se occorre. Grintoso ma non volgare. Tale anche da indurre la compagnia di canto a offrire il proprio meglio. Emergono così le qualità rare per eleganza e vis drammatica di Rachel Willis-sørensen, Leonora, attorniata dal buon Conte di Luna di Massimo Cavalletti e dal discreto Manrico di Diego Torre. Un po’ sfibrata, disomogenea giunge invece la prova dell’azucena di Anna Maria Chiuri.
Sala comunque gremita e numerosi applausi per tutti, in particolare per il soprano americano che riceve un’ovazione a scena aperta. Su un punto di forza il Regio può porre però le basi della sua rinascita: l’orchestra e coro (istruito da Andrea Secchi) sono di ottimo livello.