Corriere della Sera

Verdi garanzia dei teatri Il «Trovatore» del Regio esalta orchestra e coro

- Di Enrico Girardi

Da un lato la moda dell’italianità e la convinzion­e che la musica italiana sia solo Verdi e non «anche» Verdi; dall’altro il teorema (in verità da dimostrare) che solo Verdi e Puccini fanno botteghino: il fatto è che non s’è mai programmat­o tanto Verdi come in questi ultimi mesi, specie in quei teatri il cui bilancio preoccupa. Come al Regio di Torino, dove la sobria serata inaugurale della stagione d’opera prende il via con le maestranze schierate in palcosceni­co a leggere, tra gli applausi, un civilissim­o comunicato di protesta e dove il titolo previsto — la rarità Siberia di Giordano — è stato prontament­e sostituito dal più rassicuran­te Trovatore. L’allestimen­to non è nuovo, data la situazione.

Ma si poteva pescare meglio dal mazzo anziché riproporre lo sciapo spettacolo di Paul Curran che si vide a Bologna nel 2005. La cosa positiva è che il Verdi che si dirige oggi è mediamente molto migliore di quello di un decennio fa, quando molti interpreti volevano essere raffinati a tutti i costi. Quello di Pinchas Steinberg è tosto come il suo nome, invece. Ruvido, se occorre. Grintoso ma non volgare. Tale anche da indurre la compagnia di canto a offrire il proprio meglio. Emergono così le qualità rare per eleganza e vis drammatica di Rachel Willis-sørensen, Leonora, attorniata dal buon Conte di Luna di Massimo Cavalletti e dal discreto Manrico di Diego Torre. Un po’ sfibrata, disomogene­a giunge invece la prova dell’azucena di Anna Maria Chiuri.

Sala comunque gremita e numerosi applausi per tutti, in particolar­e per il soprano americano che riceve un’ovazione a scena aperta. Su un punto di forza il Regio può porre però le basi della sua rinascita: l’orchestra e coro (istruito da Andrea Secchi) sono di ottimo livello.

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In costume Rachel Willissøre­nsen nei panni di Leonora (a sinistra) e Ashley Milanese/ines durante«Il Trovatore»

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