Nibali prova a chiudere in bellezza
Valverde, Pinot e Uran favoriti della corsa di chiusura. Bartoli: «Attenti a Moscon»
Il biglietto per il grande party che oggi pomeriggio chiuderà la stagione ciclistica internazionale costa davvero caro: 241 chilometri e 4.000 metri di dislivello. «Il Giro di Lombardia è una festa per modo di dire — sospira il grande ex Michele Bartoli — perché nelle gambe hai la stanchezza di un anno di corse e nella testa spesso troppa voglia di riscatto e troppe aspettative: a chi non piace chiudere in bellezza? Stamattina l’unico che partirà davvero sereno è Alejandro Valverde: ha conquistato il Mondiale, cosa può chiedere di più? La sua è la condizione psicologica migliore: unita alla furbizia e a vent’anni di esperienza possono fare la differenza. Gli altri hanno, più o meno tutti, qualche conto da saldare. E sono talmente tanti che verrà fuori una corsa bellissima e combattuta».
Michele Bartoli, alias il Leoncino delle Fiandre, il Lombardia l’ha vinto due volte di fila (oltre a un Fiandre, due Liegi e una Freccia Vallone), quand’era ormai a fine carriera e dopo averlo inseguito a lungo. «Tra le grandi classiche — spiega — questa è quella dove serve attingere di più al fondo del barile delle energie fisiche e mentali, spremute da 25 mila chilometri in allenamento e almeno 10 giri di Lombardia conquistati da Vincenzo Nibali nella sua straordinaria carriera (2015 e 2017) (Bettini)
mila in corsa. Il tracciato non perdona nulla e l’abbinata Ghisallo-colma di Sormano fa selezione spietata già a 50 chilometri dal traguardo. Anche la capacità delle grandi squadre di controllare la corsa è messa a dura prova. Io prima di vincerlo ho preso tante legnate».
Il percorso della 112ª edizione (tra quelli delle cinque classiche monumento, quello del Lombardia è il più «ballerino») segue l’asse Bergamocomo, il più scoppiettante dell’ultimo decennio. Prima di piombare sul lungolago (dove Vincenzo Nibali ha vinto nel 2015 e fatto il bis lo scorso anno) ci sono ancora il Civiglio e la mini ascesa al Monte Olimpino. I grandi favoriti di Bartoli sono tre e tra loro non c’è Nibali. «Escludo Vincenzo — spiega l’ex corridore toscano — per rispetto verso quello che gli è successo al Tour de France. Pretendere da lui a tutti i costi un recupero lampo dopo aver subito un infortunio così grave, quasi che la caduta sia stata una colpa, non è corretto. Vincenzo a marzo ha vinto una Sanremo in modo straordinario ed è in pace con la sua stagione: la sfortuna fa parte del gioco. È un fuoriclasse che può ribaltare ogni pronostico, ma per il podio io vedo Alejandro Valverde, un Thibaut Pinot davvero in palla e con una gran squadra, e poi Rigoberto Uran, che nelle ultime corse mi è sembrato molto tonico». E Gianni Moscon, il miglior azzurro di questo scorcio di stagione? Ancora Bartoli: «Credo che il Mondiale gli sia costato tantissimo fisicamente e mentalmente, ma spero di sbagliarmi».
La lista degli altri favoriti è lunga. Da Bardet a Woods (secondo e terzo a Innsbruck), da Wellens ai gemelli Yates, da Roglic a Jungels, da Bernal a Barguil. Il meteo dice che la Classica delle foglie morte (e dei primi freddi) si correrà sotto un tiepido sole: campioni e gregari sentitamente ringraziano.