Corriere della Sera

«Si torna al voto?». Il pressing per convincere i 5 Stelle

- Di Tommaso Labate

«Si vede che il messaggio è stato ricevuto». Poco prima dell’ora di cena, in una stanzetta di Palazzo Chigi dove alcuni esponenti del sottogover­no leghista aspettano l’esito del vertice sulla pace fiscale, si tira un sospiro di sollievo. Per tutta la giornata, nella pattuglia salviniana più d’uno è intenziona­to a tirare fuori la minaccia delle elezioni anticipate. Sia chiaro, il rituale non è quello classico, che spesso ha scandito i tempi dei governi della Prima e della Seconda Repubblica, dove la minaccia di rottura del puzzle di una maggioranz­a è stata usata come grimaldell­o per spezzare le resistenze dei compagni d’avventura su questo o quel dossier. Ma una cosa è certa. Di fronte ai dissidi sul decreto fiscale, a cui un pezzo significat­ivo dell’elettorato leghista ha legato a doppio filo la sua apertura di credito a Matteo Salvini, la tentazione della Lega di minacciare il capolinea del governo Conte s’è fatta largo tra le voci di corridoio, autorevoli e meno autorevoli. Gli ultimi giorni sono stati un calvario. Al punto che Giancarlo Giorgetti, che all’inizio dell’avventura di governo aveva posizionat­o sulla sua scrivania una fotografia di Matteo Renzi «per ricordarci di non fare gli errori del passato», avrebbe fatto omaggio della foto dell’ex premier del Pd un po’ a tutti gli esponenti dell’esecutivo. Un modo scenografi­co per ricordare a suocera (Salvini) e a nuora (Di Maio e Conte) che «oltre un certo limite» ci sono dei rischi. Il modo in cui i M5S hanno combattuto contro le istanze leghiste sul fisco è stato vissuto come un limite infranto. Al punto che la minaccia di rompere la maggioranz­a ha iniziato ieri a prendere corpo ora dopo ora fino all’imbrunire, quando poi l’accordo è stato annunciato. E dire che un mese fa, quando Salvini aveva innescato il corpo a corpo con i magistrati che l’avevano indagato per la faccenda della Diciotti, era stato Di Maio ad avvertire l’alleato che «se si va avanti di questo passo, avranno la meglio tutti quelli che ci vogliono far approvare la legge di stabilità insieme al Pd». Un early warning, una specie di cartellino giallo, che secondo i leghisti — un mese dopo — non sarebbe più nella disponibil­ità del M5S. Già perché Salvini, ragionando coi suoi, si sarebbe convinto di essere l’unico ad avere la possibilit­à di scegliere tra due alleati, tra due forni. «Ragiona, Matteo», gli ha spiegato uno dei suoi. «Con l’inizio del congresso, nessuno dei candidati alla segreteria agevolereb­be l’ingresso del Pd in maggioranz­a. Siamo noi ad avere il coltello dalla parte del manico, ora...». Uno scenario che s’è manifestat­o plasticame­nte ieri sulla pace fiscale. E potrebbe essere solo l’inizio.

L’omaggio del leghista Giorgetti avrebbe regalato la foto di Renzi a quasi tutti i membri dell’esecutivo: «Per non rifare gli errori del passato»

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy