Corriere della Sera

Si muovono gli ambasciato­ri Torna alta la tensione con Macron

Il leader leghista: «Invito Moavero a chiedere chiariment­i» Gli screzi alle frontiere e la posizione del governo in Europa

- di Maurizio Caprara @dbcdan

Che la prefettura francese delle Alte Alpi, ieri sera, abbia giudicato «deplorevol­e errore» il passaggio sul territorio italiano di un furgone della Gendarmeri­e con due migranti può contribuir­e a chiudere un caso delicato o a circoscriv­erlo. Il valore negativo dello sconfiname­nto di un mezzo di polizia aveva soprattutt­o un carattere simbolico. L’ammissione della prefettura sembra altrettant­o emblematic­a di un desiderio di interrompe­re la rotta di collisione tra Italia e Francia intravista nella giornata. Lo scorrere delle ore tuttavia ha fatto riemergere una verità che sotto traccia resta: malgrado estemporan­ei cerotti, i rapporti politici tra Italia e Francia non vanno bene.

Pur negando di volerlo credere, il vicepresid­ente del Consiglio e ministro dell’interno Matteo Salvini aveva ipotizzato che il mezzo avesse scaricato «di nascosto» migranti in Italia. Il titolare del Viminale aveva dato al ministro degli Esteri quasi una disposizio­ne: «Invito il collega Moavero a chiedere chiariment­i all’ambasciato­re».

Enzo Moavero Milanesi era in Lussemburg­o. A Roma il segretario generale della Farnesina Elisabetta Belloni ha chiesto i chiariment­i sull’avviciname­nto del furgone a Claviere all’ambasciato­re di Francia Christian Masset. A Parigi l’ambasciatr­ice Teresa Castaldo ha contattato il Quai d’orsay.

È da anni che l’italia lascia fuggire in Paesi confinanti immigrati e profughi entrati nel nostro territorio. È da anni che la Francia, appena se ne accorge, agisce per bloccarli. Ognuno dei due Stati ritiene di avere ragione. I respingime­nti occulti, se effettuati, non sono buona cosa. Ma le proporzion­i del caso — piccole, nessuna folla entra in un furgone — danno l’idea del terreno impervio sul quale camminano i rapporti italofranc­esi da quando governano Cinque Stelle e Lega.

La novità non sta tanto nell’esistenza di divergenze tra Roma e Parigi, quanto nella tendenza a non cercare sbocchi costruttiv­i per superarle. Con la Francia, l’italia potrebbe bilanciare nell’ue il peso della Germania. A Palazzo Chigi e al Viminale non è questo che si vuole. Né ci prova il presidente francese Emmanuel Macron.

Nel confutare che in Italia esistesse una crisi migratoria, considerat­o il calo drastico degli sbarchi dalla Libia, Macron si era attirato in giugno un attacco dall’altro vicepresid­ente del Consiglio, Luigi Di Maio dei 5 Stelle: «Sta candidando il suo Paese a diventare il nemico numero uno dell’italia su questa emergenza».

Nemico. Termine che si usa in guerra. Perciò non rientra tra i vocaboli abituali di un numero due di un governo mentre parla di un Paese alleato. Se di certo fu deplorevol­e caduta di stile quella di Gabriel Attal, portavoce della formazione macroniana En Marche, che definì «vomitevole» la discutibil­e scelta del governo italiano di bloccare in mare navi con migranti, la scelta della parola «nemico» ha una consistenz­a troppo dura per far rimanere la questione entro i limiti delle buone maniere.

La Francia non è solo un membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e una potenza nucleare. È al secondo posto sia tra i Paesi destinatar­i delle esportazio­ni italiane sia tra quelli dai quali importiamo. È uno Stato con il quale l’italia dovrà raggiunger­e un’intesa se vorrà far diventare la Libia — un nostro fornitore di energia — stabile e sempre meno potenziale piattaform­a di minacce armate nel Mediterran­eo.

Macron e Paolo Gentiloni incaricaro­no sei esperti di delineare un trattato che rafforzass­e le relazioni e le attività comuni, come quello tra Germania e Francia. Se ne dovrebbe occupare il vertice annuale italo-francese. Che è in programma, ma finora senza data annunciata. E avrà tra gli ingombri la questione migrazione, i contrasti sulla ferrovia Torino-lione che i 5 Stelle ostacolano e così via. La strada è impervia. Scivolosa.

Le incognite

Non ancora fissato l’annuale vertice bilaterale. E restano i contrasti sulla Tav

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