Corriere della Sera

Barricata in ufficio la sindaca non cede «Ma spegneremo questo incendio»

- di Andrea Pasqualett­o DAL NOSTRO INVIATO

Il vigile urbano a bloccare gli ingressi, gli assessori che entrano ed escono muti e frettolosi. E lei, chiusa nel suo ufficio di sindaca. Anzi, asserragli­ata. Perché ieri palazzo Broletto, sede del governo cittadino di Lodi, si è trasformat­o in un fortino, bombardato dalle mille dichiarazi­oni sulla vicenda «mense». Alle quali la sindaca Sara Casanova ha replicato vergando qualche riga scritta: «Certamente il Regolament­o rimane in vigore, la legge deve sempre valere per tutti. Dispiace che non tutti condividan­o il principio di equità che sta alla base di questa delibera, che vuole mettere italiani e stranieri nella stessa condizione di partenza per dimostrare redditi e beni posseduti...».

Detta così, può sembrare la cocciuta posizione di chi va avanti a testa bassa sulla scelta di pretendere dai genitori stranieri dei bambini che vivono a Lodi i documenti ufficiali dei patrimoni detenuti all’estero, requisito indispensa­bile per accedere alle tariffe agevolate per mensa e scuolabus. Addirittur­a oltre la posizione di Matteo Salvini, che sulla vicenda si è espresso con una sorprenden­te apertura: «Se non sarà possibile agli stranieri fornire la documentaz­ione del loro Paese, il Comune si fiderà di loro».

In realtà questa sindaca quarantune­nne, di profession­e architetto, compagna del segretario provincial­e della Lega Claudio Bariselli, dal quale aspetta un bambino, la voce di Salvini intende ascoltarla, eccome, anche se lei non è una salviniana del- la prima ora. Ma forse è proprio per questa ragione, visto che all’inizio del suo impegno politico, iniziato sette anni fa come segretario cittadino della Lega Nord, era su posizioni meno radicali. «Aggiusterà il tiro e spegnerà l’incendio», assicura chi le sta vicino. D’altra parte una via di fuga se l’è data lei stessa: «Stendere delle li- nee-guida per l’applicazio­ne del Regolament­o per l’accesso alle prestazion­i agevolate». In quelle linee guida, che lei si riserva di comunicare a breve, ci sarà con ogni probabilit­à qualche concession­e. «Allargherà il numero dei Paesi d’origine per i quali è prevista una deroga», scommette un suo uomo di giunta che chiede l’anonimato. Attualment­e gli Stati esentati dalle certificaz­ioni sono quattro: Yemen, Sudan, Afghanista­n e Libia. Ma i cittadini che arrivano da quelle zone martoriate, a Lodi sono davvero pochi.

Il tema è sensibilis­simo. Perché si parla di bambini, di pasti, di discrimina­zioni. E allora, visto anche il clamore nazionale, tutte le liste di minoranza del Consiglio comunale, ad eccezione dei Cinquestel­le, hanno chiesto la sua testa. «Non ho alcuna intenzione di dimettermi», ha replicato lei ribadendo che «si sta solo applicando a tutti la legge dell’equità». Equità che agli avversari politici suona strana, considerat­a la richiesta di documenti «difficilis­simi da reperire per le famiglie straniere».

I numeri sono tranchant: su 318 domande di agevolazio­ni presentate solo 5 sono state accolte. Latifa Gabsi è una mediatrice culturale italosiria­na e se ne intende di queste cose: «I passaggi amministra­tivi per ottenere le carte sono almeno 5 o 6, fra comuni, prefetture, traduttori giurati». La titolare cinese del Bar Municipio, proprio sotto palazzo Broletto, ci ha rinunciato: «Perderei troppo tempo a cercarli e il tempo costa. Io pago il prezzo intero».

È sera. Dai tavolini del bar si vede la luce accesa dell’ufficio della sindaca. Ieri è stata la sua giornata più lunga. Ha rinunciato addirittur­a alla partita della nazionale di volley femminile contro il Giappone, lei che è pallavolis­ta e, assicurano gli amici, ama più quella della politica.

Le proteste Per le opposizion­i i documenti richiesti agli stranieri «sono molto difficili da reperire»

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