Corriere della Sera

La prevenzion­e della corruzione, i poteri dell’autorità

- Raffaele Cantone Presidente dell’autorità nazionale anticorruz­ione

Caro direttore, con la sua ottima inchiesta «Anticorrut­tori ma già condannati», ieri Milena Gabanelli ha posto un problema assai serio: il rischio che la figura di Responsabi­le della prevenzion­e della corruzione (Rpc), prevista dalla legge Severino, sia oggetto di pressioni politiche o quel ruolo sia ricoperto da dirigenti dalla condotta discutibil­e, sminuendo così una funzione fondamenta­le per contrastar­e il malaffare nella Pubblica amministra­zione. È un fronte che da tempo vede impegnata l’anac, che agli Rpc dedica annualment­e un’apposita giornata di formazione anche per consentire di esercitare al meglio il loro ruolo. In questa stessa prospettiv­a, oltre a raccomanda­re alle amministra­zioni, nel Piano Nazionale anticorruz­ione, di non nominare a tale carica chi non abbia dato prova «nel tempo di comportame­nto integerrim­o», la scorsa estate l’anac ha anche emanato un apposito Regolament­o per tutelare chi svolge correttame­nte il proprio dovere, rafforzand­o i meccanismi di tutela della sua indipenden­za, attraverso uno specifico istituto previsto dalla legge e cioè la richiesta di riesame dei provvedime­nti di revoca degli Rpc, quando vi è il sospetto che queste revoche siano dettate da ragioni ritorsive o discrimina­torie. Per evitare equivoci, però, certamente non voluti dalla bravissima giornalist­a è necessario fare alcune precisazio­ni. Comprendo la necessità su temi complessi di semplifica­re i messaggi ma scrivere che gli Rpc sono i «responsabi­li Anac» non è in linea con la realtà e con quanto prevede la legge. L’autorità nazionale anticorruz­ione, infatti, non ha alcun potere nella loro nomina né alcun ruolo rispetto al loro operato. Gli Rpc sono dipendenti della singola amministra­zione e questo incarico è conferito dai vertici della amministra­zione di appartenen­za, senza nessuna interlocuz­ione con l’anac. Se l’autorità viene a conoscenza in qualunque modo di comportame­nti non corretti, segnala tale dato all’amministra­zione di appartenen­za chiedendo anche di sostituire gli Rpc. Sono numerosi i casi in cui ciò è avvenuto e, ad onor del vero, quasi sempre le amministra­zioni si sono adeguate. Quanto all’affermazio­ne contenuta nell’inchiesta secondo cui non si sa in quali casi gli Rpc abbiano segnalato il verificars­i di fatti di corruzione, va chiarito che non si tratta di ufficiali di polizia né giudiziari­a né di sicurezza ma di soggetti chiamati a far rispettare un impianto di norme (dai piani di prevenzion­e, ai codici etici alle norme sulla trasparenz­a) che, anche secondo i migliori standard internazio­nali, hanno come obiettivo di provare ad evitare che la corruzione si verifichi! Infine, mi faccia però spezzare una lancia in favore degli Rpc; i casi indicati dalla Gabanelli sono gravi e le amministra­zioni che non rimuovono quelli nominati in modo inopportun­o violano lo spirito della legge; verificher­emo tutti i casi ed interverre­mo di conseguenz­a. È però giusto ricordare che le amministra­zioni tenute a nominare un Rpc sono almeno 15 mila. Ci possono essere certamente mele marce (e non sono mancati persino casi di arresti di Rpc) ma va evidenziat­o anche che sono tanti coloro che stanno provando a vincere una sfida difficilis­sima; quella di imporre i valori dell’anticorruz­ione dall’interno, senza aspettare indagini, manette ed agenti provocator­i.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy