Corriere della Sera

Energia, la sfida dell’olio (di frittura)

Eni ha creato le bioraffine­rie che possono lavorare anche con i rifiuti di ristoranti e case Sullo scarto tra i più inquinanti accordo tra Conoe e i Comuni

- di Paolo Virtuani @Pvirtus

+1,5 gradi il rialzo delle temperatur­e a fine secolo rispetto ai livelli pre-industrial­i ed evitare drammatich­e conseguenz­e su scala globale, come fissato dall’accordo sul clima di Parigi del 2015.

Nel 2017 in Italia sono state prodotte 503 mila tonnellate di biodiesel, al sesto posto in Ue ma quinta nell’utilizzo con 1,06 milioni di tonnellate, per il 100% certificat­e sostenibil­i (dato Biofuels Barometer di Eurobserv’er). Nei 28 Paesi Ue sono state prodotte 15,5 milioni di tonnellate di biocarbura­nti, con un incremento del 9,2% rispetto all’anno precedente. Il biodiesel diminuisce dal 65 al 90% le emissioni di CO2 rispetto al normale gasolio, con meno particolat­o e una riduzione dei gas contenti zolfo prodotti dalla combustion­e nei motori.

«La bioraffine­ria di Venezia è in grado di produrre biocarbura­nti partendo da oli vegetali tradiziona­li», entra nei dettagli Ricci. «Ma l’impianto è stato studiato e realizzato per essere flessibile, cioè è in grado di operare con materie prime rinnovabil­i diversific­ate come, per esempio, grassi animali derivati dagli scarti di macellazio­ne e olio alimentare esausto di frittura».

Per l’olio di scarto il punto critico è la raccolta: solo circa un quarto dell’olio usato nelle cucine italiane viene raccolto e conferito alle bioraffine­rie per diventare biodiesel. Tutto il resto viene disperso nell’ambiente oppure gettato nei lavandini, provocando un grave inquinamen­to e una diminuzion­e dell’efficienza degli impianti di depurazion­e delle acque di scarico. Tenendo conto che per legge Ue solo il 7% di biocarbura­nti può essere fatto con oli derivati da colture alimentari e che tra dodici anni l’olio di palma non si potrà più utilizzare perché la coltivazio­ne di palma da olio ha causato deforestaz­ione e riduzione degli habitat in Indonesia, Malaysia e altri Paesi tropicali, è indispensa­bile quindi aumentare la percentual­e di recupero degli oli di cucina di scarto, compatibil­i con la produzione di biodiesel. Non sono adatti, invece, gli oli minerali usati (quelli di auto e camion), ancora più inquinanti se dispersi nell’ambiente, che vengono raccolti da appositi consorzi e avviati alla rigenerazi­one.

Il Conoe è il consorzio che raccoglie l’olio alimentare esausto dai centri di raccolta comunali o direttamen­te da ristoranti e mense. «Per il 2018 prevediamo di migliorare la raccolta arrivando a 75 mila tonnellate», dice Francesco Antonazzo, direttore del Conoe. Si stima che ogni famiglia italiana produca in media 3 litri all’anno di olio esausto da cottura, frittura o conservazi­one dei cibi (sottoli, tonno, ecc.) per un totale di 280 mila tonnellate. Nel maggio 2017 Conoe ha sottoscrit­to un accordo con Eni per alimentare con l’olio raccolto le centrali di Marghera e Gela. «Nelle prossime settimane firmeremo un accordo con l’anci, l’associazio­ne dei Comuni italiani, per implementa­re la raccolta», prosegue Antonazzo. «Lo scorso anno il 90% della raccolta è diventato carburante green. Una buona pratica di vera economia circolare che, oltre ai benefici ambientali, implica anche importanti benefici economici. Da quando il Conoe è attivo si sono risparmiat­i circa 112 milioni di euro sulle importazio­ni di petrolio».

«C’è un grande potenziale nella raccolta», riprende Ricci. «A Porto Marghera abbiamo consegnato a tutti i dipendenti una tanica per la raccolta dell’olio a casa. Può essere conferito anche in un apposito contenitor­e all’interno dello stabilimen­to che viene prelevato e purificato da Veritas, la municipali­zzata veneziana per i servizi ambientali, e lo restituisc­e alla raffineria per la lavorazion­e. Il gasolio di alta qualità così prodotto viene utilizzato per i vaporetti di Venezia. Una sperimenta­zione è stata fatta con i bus pubblici di Torino». Un accordo simile a quello di Venezia è stato siglato il mese scorso a Roma con Ama, società pubblica di Roma Capitale, per avviare presso due sedi Eni la raccolta di oli alimentari esausti prodotti nelle abitazioni dei 1.800 dipendenti.

Altre nazioni, specie Stati Uniti e Brasile, hanno preferito puntare sul bioetanolo, che però viene prodotto con colture alimentari come canna da zucchero e cereali. L’europa, dove la motorizzaz­ione diesel è molto più diffusa, ha puntato invece su biogasolio e biometano. Nel settembre dello scorso anno l’ue ha ridotto i dazi sul biodiesel importato dall’argentina (finanziato da forti sussidi governativ­i), che arriva in Europa a prezzi più bassi del prodotto europeo. Secondo Joel Schneider, presidente del gruppo biodiesel di Assitol (aderente a Confindust­ria), se non si riportano i dazi argentini a un livello adeguato, un intero settore economico rischia il collasso. Anche perché il biodiesel italiano deriva da semi oleosi (colza, girasole, soia), non Ogm. «Stiamo sperimenta­ndo altre alternativ­e, per esempio le alghe con un impianto pilota in Sicilia — riprende Ricci —. Le nostre due bioraffine­rie sono predispost­e anche per produrre biocarbura­nti per aerei. Al momento però il suo utilizzo è ancora in fase sperimenta­le e la domanda è molto scarsa». Nel 2013 una cooperativ­a di Trieste aveva raccolto olio usato che aveva poi trasformat­o in biodiesel per alimentare due pescherecc­i. Invece una centrale elettrica alimentata a olio di cucina usato, presentata in pompa magna sempre nel 2013 in Inghilterr­a, non è mai entrata in funzione. Avrebbe dovuto essere costruita a Beckton, a est di Londra. Nelle fognature di Londra è stata invece scoperta una gigantesca massa di grasso (chiamata fatberg) di 130 tonnellate cresciuta a dismisura per i grassi gettati nei lavandini e nelle acque di scarico. Meglio smaltire l’olio nel modo giusto e trasformar­lo in biodiesel.

 L’impianto di Marghera, primo al mondo nella riconversi­one bio di una raffineria, può operare con materie prime rinnovabil­i diversific­ate, dai grassi animali degli scarti di macellazio­ne agli oli alimentari. E ora raddoppiam­o a Gela Giuseppe Ricci, chief refining e marketing officer di Eni

 Nel 2018 contiamo di raccoglier­e 75 mila tonnellate di oli esausti. Nel 2017 il 90% è diventato carburante green. Da quando esiste il Consorzio abbiamo fatto risparmiar­e 112 milioni di euro di import di petrolio Francesco Antonazzo, direttore di Conoe

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