Venezia, patto con la laguna Tra storie e progetti di sostenibilità
C’è la Venezia vetrina dell’arte, antica e contemporanea, quella sotto i riflettori mondiali con la Biennale, passerella dei divi della mostra del cinema internazionale. E c’è un’altra Venezia, anch’essa da sempre sotto osservazione planetaria, talvolta con inquietudine. Che deve ogni giorno scendere a patti con il suo particolare e fragile habitat naturale. La città di pietra che si confronta con l’acqua della laguna e si interroga su come preservare questo ambiente senza rinunciare allo sviluppo, a un dinamismo imprenditoriale che possa salvarla dallo spopolamento e da un destino di città museo. Di questa seconda Venezia, che assieme alla prima compone l’unicità del luogo, parleremo nel nostro incontro per il «Bello dell’italia», il 24 ottobre nella sede della Biennale, a Ca’ Giustinian.
La bioraffineria Eni di Porto Marghera è stato lo spunto per allagare gli orizzonti di un discorso sulla sostenibilità. C’è, nell’idea di utilizzare gli oli esausti, un esempio di economia circolare che va ben oltre l’alternativa alle materie fossili, ma che riduce anche lo sfruttamento di materie naturali. Ci
immaginiamo una grande quantità di oli alimentari provenienti dalle migliaia di ristoranti di una delle città leader del nostro turismo. Che finiranno per trasformarsi in biodiesel, utile per esempio al traffico dei vaporetti. Ma, si sa, a Venezia uno dei grandi temi riguarda il passaggio davanti ai monumenti delle grandi navi da crociera, e dunque metteremo in campo il dibattito tra le diverse strategie. Oltre la città turistica, c’è la città dei veneziani. Che s’impegnano con fierezza per difendere e rilanciare il genius loci. Tra gli ospiti del «Bello dell’italia», il professore Adriano Sfriso che con il suo team dell’università studia le alghe e i pesci della laguna monitorando l’inquinamento delle acque; Roberta Manzi è anima della cooperativa Limosa che propone tra le isole un turismo slow con gite a piedi, in bicicletta, in barca e perfino con le ciaspe, organizzando laboratori didattici e prestando attenzione alle persone con disabilità; Turiddo Pugliese è il vicepresidente di Venezia Nativa, il consorzio per la valorizzazione di Burano, Mazzorbo e Torcello: via dalla pazza folla, ora anche con un progetto sostenuto dalla Regione Veneto e il Ciset di Ca’ Foscari per far conoscere ai giovani gli antichi mestieri della laguna e generare nuove occasioni di lavoro. Venezia è anche il lavoro negli orti. E tra i vigneti, come ci racconterà Padre Antonio, il francescano custode di una vigna «segreta» che produce il vino Harmonia Mundi. Alberto Sonino, una vita da skipper, racconterà il suo impegno per lo sviluppo nautico dell’isola della Certosa che guarda l’arsenale. Ma è anche la riflessione artistica a sublimare la Venezia che vogliamo raccontare nel «Bello dell’italia». Damiano Michieletto, veneziano doc, uno dei registi più corteggiati dai teatri e dai festival europei, rievocherà la messa in scena due anni fa alla Fenice di «Aquagranda», l’opera di Filippo Perocco, in occasione del cinquantenario della grande alluvione del 1966. «Quel giorno non era la solita acqua alta. L’acqua non scendeva mai, l’acqua rimaneva - racconta lo scrittore Giovanni Montanaro, a cui affideremo un ritratto di questa città -. Però l’acqua fa anche tutti i colori, quei cieli, la luce che c’è solo qui; l’odore di sale che ti sorprende ogni volta che torni».