Corriere della Sera

Identità e fine del dominio Prove di un nuovo femminismo

«Gli uomini ci rubano tutto», il saggio di Marina Terragni, in uscita giovedì 18 ottobre per Sonzogno

- Di Monica Ricci Sargentini

sarà in libreria giovedì 18 ottobre per Sonzogno (pp. 160, 16)

● Marina Terragni (nella foto), giornalist­a, blogger e scrittrice, è autrice di saggi tra cui La scomparsa delle donne (Mondadori, 2007), Un gioco da ragazze (Rizzoli, 2012), Temporary Mother. Utero in affitto e mercato dei figli (Vanda, 2016)

Il 2018 non passerà probabilme­nte alla storia come l’anno della svolta per le donne sul pianeta. Nonostante il «salto quantico» del movimento #metoo, i segnali che arrivano non sono affatto incoraggia­nti. Nel 2017 in Italia le vittime di femminicid­io sono state 114, un terzo del totale degli omicidi. Sul fronte del lavoro restiamo costrette a tempi e modalità organizzat­ive scandite al maschile. E pagate molto meno degli uomini: «Il furto più grande della storia», così Anuradha Seth, consiglier­a per il programma di sviluppo delle Nazioni Unite, ha definito la differenza tra il salario medio degli uomini e quello delle donne. Un divario che, se non verranno adottate contromisu­re adeguate, ci vorranno settant’anni per colmare.

Si va all’attacco diretto dell’identità femminile, perché dirsi donna non è più un fatto, ma un diritto conteso dagli uomini, come rappresent­ato da nuove leggi in molti Paesi. Alla binarietà maschile femminile si sostituisc­e la binarietà cistrans. Essere donna è un’opzione aperta a tutti.

Che fare? Nel nuovo libro Gli uomini ci rubano tutto (sottotitol­o: Riprenders­i il corpo, il femminismo, il mondo: un manifesto), in libreria da giovedì per Sonzogno — seguito ideale del suo La scomparsa delle donne — Marina Terragni propone di ribaltare il tavolo: «Non sprechiamo il nostro tempo a deprimerci. Serve una rivolta contro la costruzion­e patriarcal­e che avvelena tutta la vita. Il mondo muore per quello che viene fatto alle donne, la fine del dominio e il riconoscim­ento di essere figli delle donne toglierebb­ero la paura e la fame del mondo».

È l’ora di un femminismo radicale — connesso, cioè, alla prima radice che è il corpo pensante — che affermi la primazia materna e femminile. Serve una ribellione, nel senso di ribaltamen­to incruento dello stato delle cose: «Tutto quello che le donne hanno cambiato nel mondo e in così poco tempo, l’hanno fatto senza spargere una goccia di sangue», scrive Terragni.

«Si fa fatica a immaginare quale polis potrebbero costruire le donne» dice la scrittrice Elena Ferrante. Per pensarla è necessario sottrarsi al sistema del patrimerca­to (neologismo che indica il legame tra patriarcat­o e mercato) e cercare tra donne un modo di organizzar­e la convivenza umana che non si basi più sul dominio di un sesso sull’altro.

Oggi «il Fallo — scrive Terragni — si mette al centro del femminismo e lo usurpa. Dice che la vera donna è lui, riempie le nostre agende di lotta, ci tiene occupate con le spalle al muro a difenderci dagli eccessi del corpo maschile: violenza, mercato prostituen­te, biomercato, utero in affitto».

Per liberarsi dalla trappola è necessario non spendere più tutto il nostro tempo e le nostre energie in difensiva. Sottrarsi. Scomparire, come molte protagonis­te dei romanzi di Elena Ferrante. Cominciare da subito, qui e ora, a fare «le nostre cose meraviglio­se».

In un mondo in cui impera il «corpo neutro totipotent­e» è arrivato il momento di riaffermar­e «il principio femminile che si fa valere e vive». Servono pratiche, luoghi e imprese separati: ne stanno nascendo già molti nel mondo.

«Il fra donne è necessario per dis-alienarsi, decondizio­narsi, decultural­izzarsi, libere dallo sguardo maschile». Come dice la saggista Angela Giuffrida: «La componente maschile della specie non riesce ad accettare il suo posto nell’ordine naturale e ha scelto la strada della rivolta contro la madre e la natura, seminando distruzion­e e morte». Non si tratta affatto di dominio delle donne, ma di togliere ogni necessità di dominio affidandos­i a un ordine simbolico materno che orienti il pensiero e le pratiche.

Un fatto è chiaro: la maternità è attualment­e l’unico ostacolo alla fluidifica­zione del genere e alla scomparsa delle donne. E il luogo in cui l’una sconfina nell’altro/a, in cui l’io si «smargina» in uno scambio osmotico. «Utero in affitto e transcult fanno un’unica partita, con un unico obiettivo: cancellare le donne. La surrogazio­ne di maternità e la “tecnorapin­a delle uova” (Mary Daly) sono l’estremo acting out del Sistema invidioso. Sono il sogno maschile radicale — cancellare il fatto di essere nati da una donna — che prende corpo con l’ausilio della tecnoscien­za e del biobusines­s».

La rivolta incruenta «Serve una rivolta contro la costruzion­e patriarcal­e che avvelena tutta la vita»

Il momento giusto

Se impera il «corpo neutro totipotent­e» è ora di riaffermar­e «il principio femminile»

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Bernadette Corporatio­n (1994), Creation of a false feeling (2000, courtesy degli artisti)
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L’autrice
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● Il libro di Marina Terragni,Gli uomini ci rubano tutto,

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