Dall’università al fisco Le tante «manine» che coprono la politica degli avanti e indietro
«I dilettanti si stanno prendendo il mondo». A loro parziale discolpa, una volta tanto, i soldati, i colonnelli e i generali del Movimento 5 Stelle possono comunque con tutta ragione rivendicare che, quand’era comandante in capo e non semplice «garante», Beppe Grillo l’aveva preannunciato. E chissà se, dietro l’elogio del dilettantismo di governo messo ripetutamente a verbale dal Fondatore in tempi non sospetti, c’era una specie di sfera di cristallo che consentiva al comico di vedere quello che sarebbe successo qualche anno dopo, e cioè oggi, nei giorni in cui Luigi Di Maio approva il decreto fiscale e poi lo smentisce, denunciando in tv non meglio precisate «manipolazioni».
Era tutto scritto. Sulla pietra, sul blog, su quella Rete che non perdona. «Siamo dilettanti? Siamo incapaci? Forse, ma impareremo», ripeteva un anno fa Grillo osannando quella stessa inesperienza al potere sull’altare della quale, pochi anni prima, la giovanissima Marianna Madia era stata pubblicamente lapidata all’epoca della sua prima uscita da capolista del Pd nel Lazio.
Certo, nessuno poteva immaginare il numero imprecisato di tecnici, burocrati, mani e manine dietro cui i pentastellati di governo — uno dopo l’altro — avrebbero nascosto rinvii, ripensamenti, tentennamenti e fallimenti di un programma sgretolatasi, promessa dopo promessa, nonostante un contratto di governo. Il Tap, che secondo Alessandro Di Battista sarebbe morto «entro 15 giorni dalla formazione del governo», è risorto. L’ilva, da chiusa, riaperta. E visto che è «la somma che fa il totale», come diceva Totò, ecco che la somma delle macroscopiche retromarce