LE TENSIONI NEL MOVIMENTO SI SCARICANO SUL GOVERNO
Il pasticcio sta diventando politicamente rancido. L’idea che il decreto sulla «pace fiscale» abbia subìto una manipolazione a favore degli evasori, evocata mercoledì sera dal vicepremier grillino Luigi Di Maio, convince sempre meno. Il tono liquidatorio col quale l’altro vicepremier, il capo della Lega Matteo Salvini, avverte che il provvedimento non cambierà, perché non ci sono «né scie chimiche né regie occulte», è quasi irridente. E al premier Giuseppe Conte che convoca il Consiglio dei ministri per domani, Salvini replica che ha altri impegni.
I Cinque Stelle avvertono: o il condono cambia, o salta tutto. Ma l’irrigidimento suona sospetto. Viene da pensare o che Di Maio non abbia capito un contenuto che premia chi evade le tasse; o che sia stato costretto a una precipitosa marcia indietro per la rivolta nel M5S, a cominciare dal presidente della Camera, Roberto Fico. Forse ha captato anche le perplessità del Quirinale ; e i due allarmi si sono sommati. Ma è il Movimento a preoccupare Di Maio.
Domani si apre a Roma una manifestazione chiamata a celebrare i Cinque Stelle al governo. Arrivarci dopo avere lasciato passare «un paio di porcate proevasori», come le definisce dal suo sabbatico sudamericano Alessandro Di Battista, costringe il vertice a fare la faccia dura almeno fino a sabato. Dopo il Consiglio dei ministri annunciato da Conte e snobbato da Salvini, Di Maio vuole presentarsi in piazza annunciando di avere sventato un colpo di mano. Insomma, la vicenda va letta soprattutto in chiave interna al Movimento.
L’ipotesi che «salti tutto» è uno spauracchio agitato davanti a Salvini solo per fargli capire che deve cedere qualcosa; che un compromesso si troverà. Come, si vedrà. Anche se la Lega ripete che «tutti conoscevano» il decreto fiscale: dunque, anche Di Maio. Nessuno vuole rompere ora, con la manovra in bilico. Ma è un azzardo sempre più spericolato. All’esterno si proietta un’immagine di caos e di approssimazione del governo M5s-lega, che stordisce.
A apparire debole non è solo la maggioranza, ma l’italia. E proprio mentre la Commissione Ue recapita una dura lettera contro la manovra economica in deficit, che rappresenta «una deviazione senza precedenti nella storia», si legge. Il premier Conte getta acqua sul fuoco. Eppure, la situazione italiana evoca a Bruxelles scenari perfino da uscita dall’euro. Dopo giorni di quasi tregua, ieri lo spread è salito a 327 punti. È un record negativo che riporta l’italia indietro di cinque anni: il frutto avvelenato della sfida ai mercati di Salvini e Di Maio.