DUE ORE PER SCOPRIRE LA GERARCHIA DEI VALORI SOTTO IL PONTE MORANDI
Due ore non sono tante per mettere insieme una vita: gli oggetti più utili, materialmente più preziosi ma anche (soprattutto?) i più cari sul piano affettivo. Due ore per rifare le gerarchie dei valori. Tra le cose da portar via ci saranno i documenti, i contratti, gli ori, qualche vestito, magari una busta con dentro un po’ di risparmi (conservati sotto il materasso?). Ma le fotografie dell’infanzia, i ritratti dei genitori o dei nonni, una penna, un anello, un libro dei ricordi, un quaderno, una vecchia bambola, un portafortuna, una lettera, un ritaglio, l’orsetto o la giraffa del bambino. Nelle gerarchie dei valori prenderanno quota le cose insignificanti: le «scatole senza confetti» cantate da Gozzano, le tante «buone cose di pessimo gusto» da cui non riesci a separarti, un gioco sfasciato, un orologio rotto, un portacenere, una cornice, un 45 giri senza custodia. Da quando, il 14 agosto, si è consumata la tragedia del ponte Morandi, sarà quello il momento in cui il dolore, la felicità e la poesia troveranno una perfetta coincidenza. In pochissimo tempo devi decidere cosa abbandonare e cosa salvare della tua vita, e non solo della tua vita ma anche delle tante vite confluite nella tua, le vite degli avi e dei tuoi genitori che non ci sono più, i cui ricordi sono ancora conservati chissà dove, dentro armadi e cassetti. Sarà, con gli oggetti di sempre, un incontro perturbante, in cui ogni cosa che era abituale acquisterà di colpo un significato nuovo, inatteso, spaesante. Le cose non saranno più le solite «cose», verranno ribattezzate in pochi minuti, si oscureranno per sempre o troveranno una luce speciale: rivelazione, epifania, così come la intendeva James Joyce. In una famosa poesia di Eugenio Montale, A Liuba che parte, scritta nel 1938, una donna ebrea è in fuga dalla persecuzione: il poeta la intravede alla stazione di Firenze con i bagagli. Tra questi una cappelliera con dentro un gatto, destinato a diventare «splendido lare», una figura salvifica, l’arca biblica che permette di sopravvivere al diluvio universale come accadde a Noè.