Sì al test ma non sia solo matematica
Caro Aldo, periodicamente torna alla ribalta il dibattito sulla opportunità del numero chiuso alle facoltà di Medicina e sulle modalità di selezione. Il ministro Bussetti ritiene che con l’attuale test di ingresso si perdano «troppi talenti». Giustamente poi nell’articolo di Gianna Fregonara si sottolinea l’opportunità di porre un limite al giro d’affari fiorito intorno ai corsi di preparazione. Da medico, ricordando il mio test di ingresso a Pavia nell’ormai lontano 1993, mi vengono in mente alcune considerazioni. Studiai parecchio: ci tenevo molto e non volevo permettermi di perdere un anno. Mi preparai ripassando e approfondendo le materie scientifiche dell’ultimo anno di liceo e ricordo che comperai solo un manualetto di quiz per familiarizzare con la modalità a scelta multipla. Niente corsi, nemmeno mi sono mai chiesto se ne esistessero. Superammo il test in 200 e al termine del corso di studi potei constatare che la graduatoria del test di ammissione si rispecchiava con notevole fedeltà nei voti di laurea e ancor di più nei tempi impiegati per arrivare alla tesi. Resto convinto che il percorso di formazione universitaria debba comportare, per sua stessa natura, il principio di selezione, anche in relazione alla fruibilità di aule e servizi. Le modalità potranno essere più o meno discutibili, ma credo che non possano essere d’ostacolo a chi possiede un’adeguata preparazione di scuola superiore.
Stefano Giordanetti, Biella
Caro Stefano, penso che un test di ingresso sia giusto ma non vada improntato sulla matematica. Un medico è testa e cuore.