Lo stop di Assolombarda alla politica «Crescita, non si sta facendo nulla»
Bonomi: nazionalizzare Alitalia? Perché non facciamo un bel referendum
L’assolombarda non ama «i rinvii, le mezze misure, gli espedienti». È un’espressione rubata a Winston Churchill a dare il segno di un’assemblea nella quale il presidente Carlo Bonomi è andato al cuore del problema. La stagione politica che si è aperta in Italia preoccupa l’imprenditoria milanese, sono troppe le cose che appaiono storte, dal linguaggio che viene messo in circolo ai provvedimenti che compongono la manovra. Le forze sovraniste che guidano il Paese, a giudizio di Bonomi, non sanno fare i conti con le contraddizioni della modernità e propongono una suggestione neostatalista mixata con l’idea di una comunità nazionale chiusa nelle proprie frontiere. Bonomi sa benissimo che la svolta è accompagnata «da un massiccio fenomeno di riorientamento del consenso popolare» e di conseguenza la domanda è il vecchio «che fare». Abbiamo visto come il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia in queste settimane abbia scelto quella che potremmo definire la «variante sindacale»: individuare un programma minimo che tuteli le istanze dell’industria ma non la metta in rotta di collisione con il potere politico e sperare che nel frattempo si Al vertice Carlo Bonomi, 52 anni, presidente di Assolombarda, la territoriale di Confindustria apra una divisione tra la Lega e i 5 Stelle. Bonomi ieri ha dato la netta impressione di voler seguire una strada diversa. «Non possiamo volgerci dall’altra parte». Vuol dire che gli industriali lombardi, grazie anche ai successi del modello Milano, si ripropongono come classe dirigente. Il capitalismo delle vecchie famiglie non c’è più, la città e l’economia sono guidate da una nuova élite delle competenze e Assolombarda se ne fa interprete. E non può tacere sul pericolo mortale rappresentato dal sovranismo che vuole recidere quelle reti internazionali che rappresentano il vero «sottostante» del successo di Milano. Non faremo opposizione nel senso politico del termine, ha spiegato Bonomi, ma «non è certo questo il momento di abbandonare processi potenzialmente disgregativi nelle mani di qualcuno che non pensa nell’interesse della comunità». L’imprenditore dell’anno 2018 sconta una nuova solitudine e il presidente di Assolombarda sorprende la platea ricordando «le 700 vite spezzate» degli industriali, degli artigiani e dei commercianti rimasti soli a fronteggiare la Grande crisi.
Il capitalismo inclusivo made in Assolombarda ha una sua idea di come riformare il lavoro e il Fisco e non coincide per nulla con quanto sta facendo la politica. Da qui i No secchi pronunciati da Bonomi contro la chiusura del commercio la domenica, la nazionalizzazione dell’alitalia («perché non facciamo un bel referendum?»), lo stop alle infrastrutture, lo Stato che torna a sfornare prepensionamenti e spende 10 miliardi per un reddito di cittadinanza che ancora oggi non ha né capo né coda. La manovra gialloverde all’esame di Bonomi esce fatta a pezzi. Si sfora il deficit ma non si programmano investimenti e sviluppo. Si percorre la vecchia strada della spesa corrente e purtroppo tutto si spiega perché «il dividendo che si ricerca è quello elettorale, non quello della crescita». La netta presa di posizione di Assolombarda cade in un momento delicato, contiene una chiamata all’intera società civile persino oltre il perimetro dei corpi intermedi, vedremo se resterà isolata o se, sacchaggiando ancora Churchill, «inizia il periodo delle azioni che producono conseguenze». le aliquote Irpef dei redditi da lavoro dipendente. Assolombarda propone di ridurle dalle attuali cinque