Hollywood noir
Jeff Bridges: «Prete anomalo in un hotel di segreti Il cinema mi diverte ancora ma penso al ritiro»
Nel nome dello Spirito Santo, Jeff Bridges interpreta padre Flynn. Un prete nel noir di Hollywood firmato da Drew Goddard (esce giovedì per la Fox) che ha aperto ieri la Festa del Cinema di Roma. «E’ un film anomalo, adoro tuffarmi in progetti diversi», dice l’attore premio Oscar al telefono dalla sua casa a Santa Barbara, California. Ma è difficile pensare Il grande Lebowsky spostato dal bowling alla penombra del confessionale, con quell’espressione strafottente che perfino il pizzetto sembra sardonico. Condivide con Dakota Johnson, John Hamm e altre celebrità che riuniscono più generazioni di L.A. l’avventura di 7 sconosciuti a El Royale: è l’hotel fatiscente in cui si incontrano i sette protagonisti. Con i loro torbidi segreti e inquieti passati non sono esattamente i magnifici sette.
Lei per esempio, Jeff…
«Nel film in passato commisi una rapina, finendo per nascondere il bottino sotto il pavimento di una camera di quell’hotel; il giovane portiere riprende i clienti con una telecamera e usa finti specchi».
Che tipo è il suo prete?
«Non è il Don che incontri tutti i giorni, è buono e cattivo, come tutti noi. Il punto di vista su cosa sia giusto o meno cambia a seconda di prospettive e opinioni. Lo ha detto molto meglio di me Solgenitsin. Niente è come sembra, è come nei Favolosi Baker,a un certo punto, oplà, sbuca la sorpresa. Trovi chi cerca di diventare una persona migliore, tra violenza e una possibilità di redenzione, prima che tutto sprofondi all’inferno».
Il motel di Psycho al confronto sembra Disneyland.
«Forse la location era il personaggio più impegnativo. Tutto si svolge in quell’unico ambiente al confine tra Nevada e California, nell’arco di una notte. C’è umorismo dark, le stranezze spesso sono divertenti. Il regista aveva le idee chiare, ci ha invitati al suo party, alla sua visione piena di simbolismi, e ha ascoltato le idee dei suoi attori».
Lei è anche musicista e…
«Uno dei protagonisti è Cynthia Erivo (fa molti musical) nei panni di una cantante soul. Sono cresciuto con la musica di fine Anni 60 in cui è ambientato il film. L’epoca dell’innocenza. Avevamo i Beatles, Bob Dylan e la Motown…il regista spesso cantava mentre noi recitavamo, era un ritmo che innervava le scene. La musica è una sirena che risveglia i ricordi, può essere utile al cinema. Io ho una piccola band con cui vado in tournée. E poi sono fotografo. A fine riprese a ogni attore ho donato il suo book di immagini che avevo scattato».
È cresciuto in una famiglia di attori di Hollywood.
«Al mio primo film mia madre mi disse: non prenderti sul serio e divertiti. Mio padre, con cui da adulto ho lavorato in due occasioni, lo stesso: rilassati e goditela. E’ il suo più grande insegnamento. Penso spesso al consiglio dei miei genitori, al Take it Easy, perché, credeteci o no, sono un tipo ansioso e nervoso».
Lei recita da una vita.
«A volte penso di ritirarmi. Ho scritto un libro col mio amico Bernie Glassman, noto studioso buddhista: The Dude and the Zen Master. Mi ha detto: mi ritiro, ma non nel modo in cui pensa la gente. Gli ho chiesto che vuol dire, e lui, con un gioco di parole: I’m going to re-tire (retire in inglese è andare in pensione, ma tire sono anche le gomme ndr). Monto pneumatici nuove e vado fuori strada. Anch’io voglio esplorare aspetti di vita trascurati. I set hanno accompagnato le montagne russe della mia esistenza. Il cinema è come il mondo dovrebbe essere, sul set trovi opinioni e comportamenti differenti, si cerca insieme agli altri di fare qualcosa di bello e rilevante. Io mi adopero per l’ambiente, dobbiamo amare Madre Natura e il nostro prossimo».
Ansia
Sono ansioso anche se seguo i consigli di mia madre che mi diceva di non prendermi sul serio