«Paese sotto tiro perché noi divisi Così perdiamo»
Il premier: responsabili verso il Paese, non solo verso i social
«Tra infortuni e tensioni diamo pretesti allo spread e finiamo per perdere voti»: il capo del governo, Giuseppe Conte, in un’intervista al Corriere ricorda alla maggioranza che «esiste una responsabilità verso il Paese, non solo verso l’elettorato e la gente dei social».
«Sicuramente lo spread in rialzo complica parecchio le cose. Ho sempre pensato che i nostri giudici più severi fossero i mercati finanziari, non la Commissione europea. E così è...». Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sta tornando a Roma dalla due giorni a Bruxelles. Se non è stata una via crucis politica, le somiglia molto: anche perché nell’arco di quarantotto ore gli interessi sul debito italiano sono lievitati come non accadeva da cinque anni. E gli estensori del contratto di governo di cui Conte è il garante, i vicepremier Luigi Di Maio, del M5S, e il leghista Matteo Salvini, si sono azzuffati sul condono fiscale. Oggi, probabilmente, a Palazzo Chigi sarà siglata una tregua: non si capisce bene quanto di facciata.
Il premier tenta di renderla credibile e duratura, e per questo, dice, «vedrò Di Maio e Salvini prima. Esiste una responsabilità verso il Paese, non solo verso l’elettorato e la gente dei social». Forse per questo, anche nelle fasi più concitate della polemica, Conte ha sfoggiato una calma apparsa perfino eccessiva e in contrasto con la realtà di un’italia accerchiata, se non isolata a livello continentale. Eppure, il capo del governo difende il suo atteggiamento. «Quando una situazione è complicata», afferma, «bisogna mantenere il più possibile la lucidità. Sarei uno sciagurato se contribuissi a alimentare la preoccupazione».
I pretesti
Invito i 5 Stelle e la Lega a non dare pretesti allo spread, non dobbiamo farci male da soli
Ma l’inquietudine si percepisce in modo netto. Il fatto che Salvini e il ministro degli Affari europei, Paolo Savona, abbiano dichiarato nei giorni scorsi che avrebbero reagito solo se lo spread tra gli interessi sui titoli di Italia e Germania fosse arrivato a 400 punti, può avere dato spazio alla speculazione. È inutile, però, sperare che un premier espresso come mediatore del «contratto» tra M5S e Lega arrivi a criticare certe frasi. «Dichiarazioni inopportune o sbagliate, di recente, se ne sono sentite molte», si limita a dire. «Ce ne sono state di assai più gravi contro l’italia da esponenti della Commissione Ue di altri Paesi europei».
Eppure, a sentire Conte, anche nei suoi colloqui coi vertici delle istituzioni dell’unione, «l’italia non è stata messa sul banco degli imputati: mi permetta di dire che almeno questo sono riuscito a ottenerlo. Nessuno, nemmeno il presidente francese Emmanuel Macron e l’olandese Mark Rutte, capo della filiera nordeuropea più diffidente verso l’italia, ci hanno messo le dita negli occhi», è la sua tesi. «E la cancelliera tedesca Angela Merkel ci ha dato una mano». E la lettera in cui si anticipa la bocciatura della manovra economica? Difficile non vedere una premonizione dell’isolamento italiano. «Sarei disonesto se negassi la preoccupazione nella famiglia europea di fronte all’eventualità che passi il principio di poter violare le regole», ammette Conte. «Ma la lettera la conoscevo: me l’avevano mandata in anticipo perché potessi visionarla. Né escludo che terranno il punto. L’eventuale apertura di una procedura di infrazione contro l’italia da parte dell’europa, comunque, la possiamo gestire. È un processo, ci dà tempo per spiegare e dialogare. D’altronde, non possiamo disconoscere le istituzioni europee, e lunedì risponderemo alla Commissione. Ma la reazione dei mercati è più difficile da gestire. Le speculazioni finanziarie non le possiamo controllare. E certamente le tensioni politiche nella maggioranza non sono arrivate nel momento migliore...».
La coincidenza temporale tra la lettera contro la politica economica del governo, e una lite mai vista prima tra Di Maio e Salvini sul condono fiscale, ha creato una miscela tossica. E il sospetto è che abbia alimentato la speculazione, «sebbene non abbiamo dati certi su un rapporto causa-effetto. Il tema su cui far riflettere tutti è che queste tensioni non ci giovano: come coalizione ma soprattutto come Paese. Bisogna mostrare senso di responsabilità». A sentire il premier, lo scontro su un condono dai contorni confusi e sconcertanti sarebbe nato da «un equivoco». Ricordando la riunione a Palazzo Chigi, Conte racconta che «l’articolo 9 “incriminato” era in bianco, perché fino a un minuto prima avevamo parlato soprattutto dell’accordo politico. A un certo punto mi è stato passato un foglietto che doveva tradurre l’intesa in termini normativi. Ma non siamo vincolati a quella bozza. Vale l’accordo politico, non il contenuto di quel foglietto. Lo possiamo cambiare. Dunque, ora ristudierò bene ogni articolo, lo inquadrerò politicamente e lo riproporrò ai ministri perché trovino un compromesso. Purtroppo, la mia assenza da Roma ha fatto lievitare polemiche e sospetti nel momento meno felice».
Il mistero su come sia stato possibile un simile pasticcio, però, rimane. Anche se sarà sovrastato dai timori di un altro colpo al debito italiano dai mercati finanziari. Il premier ammette di non escludere la possibilità di un’ulteriore lievitazione dello spread. «Nessuno le dirà che da lunedì cala, essendo arrivato a certi livelli. Posso solo confidare che non succeda e lavorare perché non accada: anche invitando M5S e Lega a non dare pretesti. Non dobbiamo farci male da soli. A forza di infortuni, alla fine si perdono anche i consensi...».
Da lunedì al lavoro per fargliela vedere all’europa, e spiegare che questa è una grande manovra che salva gli italiani dopo anni di tagli dei diritti Luigi Di Maio, vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico
È sorto un dubbio sulla traduzione tecnica dell’accordo politico fatto, che è ben chiaro. Un problema sulla traduzione tecnica può capitare Giuseppe Conte, presidente del Consiglio