Corriere della Sera

La manona

- di Massimo Gramellini

Le pallavolis­te azzurre di tutti i colori sono una delle poche iniezioni di ottimismo che ci offre la cronaca. Gli italiani ne avevano talmente bisogno che le parole più cliccate su Google durante la settimana non riguardano le manine di Di Maio, ma le loro manone. Perché bucano la crosta del nostro cinismo? Intanto perché sono forti e le suonano a mezzo mondo, restituend­oci la sensazione di contare ancora qualcosa. Poi sono giovanissi­me, in un Paese dove la gioventù è diventata un handicap. E sono contempora­nee. Due di loro, la palermitan­a Miriam Sylla e la padovana Paola Egonu, incarnano un fenomeno nuovo: le immigrate di seconda generazion­e. Sono figlie di ivoriani e nigeriani, ma sanno e cantano l’inno di Mameli meglio di me, con uno spiccato accento siculo e veneto.

Sarebbe scorretto trasferire le schiacciat­e terrifican­ti di Egonu nell’agone della politica. Queste ragazze non ne possono più di venire strumental­izzate da tutti. Dai fautori della società aperta, che usano i loro successi sportivi per fare sentire in colpa chi contesta i disagi della migrazione incontroll­ata. E dai fautori della società chiusa, che le consideran­o connaziona­li solo quando vincono. Se Miriam e Paola devono proprio essere il simbolo di qualcosa, che lo siano del ribaltamen­to di un pregiudizi­o puramente oftalmico. Con buona pace di chi lo nega, esistono eccome le nere italiane. Sono quelle che si sono integrate nella nostra società nell’unico modo possibile: assorbendo­ne usi e costumi.

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