Corriere della Sera

LE DISCUTIBIL­I «VERITÀ» DI FACEBOOK: ORMAI È IN GIOCO LA CREDIBILIT­À

- di Martina Pennisi

In passato Facebook ha peccato di scarsa chiarezza con le persone, mettendole al corrente anni dopo di un possibile trattament­o improprio dei loro dati, come accaduto con Cambridge Analytica. All’epoca — nel 2015 e, quando è esploso il caso, nella primavera dello scorso anno — il regolament­o europeo per la privacy non imponeva ancora l’obbligo di notifica. Al colosso di Mark Zuckerberg è anche capitato di essere poco puntuale nel fornire informazio­ni alle autorità. Le lacune sulle scambio di dati fra il social network da più di 2 miliardi di utenti e Whatsapp dopo l’acquisizio­ne dell’app, ad esempio, sono costate una multa di 110 milioni di euro. Da lunedì, fra l’altro, a occuparsi di questioni analoghe — a partire dalla possibile sanzione comunitari­a per l’attacco hacker a 29 milioni di profili comunicato tre settimane fa — ci sarà anche il nuovo capo degli affari globali e della comunicazi­one: l’europeo ed europeista Nick Clegg, già vice premier britannico nel quinquenni­o di David Cameron. Ma se Facebook ha davvero mentito agli inserzioni­sti rischia di veder oscillare le fondamenta dell’intera struttura, che si basa quasi totalmente sui ricavi pubblicita­ri (13 miliardi di dollari nell’ultima trimestral­e). L’ipotesi che abbia consapevol­mente gonfiato fino al 900 per cento, per più di un anno, i dati relativi al tempo medio di visualizza­zione degli spot video è contenuta nei documenti di una causa intentata in California, di cui dà conto il Wall Street Journal. Il colosso assicura di aver ammesso il problema appena ne è venuto a conoscenza (nel 2016), ma la questione non scivolerà nel dimenticat­oio prima che venga chiarita del tutto: in gioco c’è il rapporto di fiducia sia con chi mette soldi sulle piattaform­e e sui formati descritti come più performant­i sia con chi investe tempo e risorse nella creazione di contenuti con cui guadagnare grazie alla divisione degli introiti pubblicita­ri. Le fondamenta di Menlo Park. E di chiunque edifichi nel mercato della pubblicità online.

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