«Mario amava questo caos creativo»
L’artista Rapaccini, moglie di Monicelli «Dai muri dipinti, alle porte, agli armadi devo dire grazie agli artigiani di Cinecittà»
Nel cuore di Roma, nel vivace Rione Monti, un’area della città dove ancora esistono botteghe artigianali, d’antiquariato e rigattieri, abita Chiara Rapaccini in arte Rap, artista, illustratrice e designer. Qui ha vissuto con il marito, il regista Mario Monicelli, scomparso nel 2010). L’assetto architettonico del palazzo è ottocentesco, «gli interni sono quelli originali - racconta Chiara -. Le atmosfere, i colori, le suggestioni riportano alle case indiane alle quali mi sono ispirata per questi miei spazi».
Le pareti di tutta la casa sono state dipinte con colori verde smeraldo-chiaro in accoppiata con texture dal rosa carico, al violetto sino al più deciso rosso pompeiano. «Grazie al prezioso aiuto di bravi artigiani di Cinecittà — dai pittori ai falegnami abbiamo potuto realizzare in breve tempo io e Mario tante soluzioni d’arredo. A cominciare proprio da questi muri dipinti; sono stati lavorati a pigmenti di colore e poi trattati manualmente a cera. Una tecnica ancor oggi segreta e misteriosa per me, conosciuta solo da Lamberto, autore artigiano del tutto. Quando mescolava gli alchemici ingredienti per la pittura murale mi diceva: «a Signo’, mò vòltate e nù guardà! Era gelosissimo dei segreti della sua arte… E con Quinto, un altro artigiano, di Cinecittà, abbiamo potuto realizzare quasi tutti gli elementi d’arredo: porte, credenze, armadi-guardaroba. Tutto in legno d’abete con le vetrate a vista per vederne i contenuti. Come questa libreria di Mario che contiene volumi, libri sull’arte, cinema,i carteggi delle sceneggiature. Tra le tante, non mancano quelle che ho recuperato in una notte, seguendo Mario che era uscito per buttarle nella spazzatura, prima dell’arrivo degli spazzini e che vorrei donare alla Cineteca di Bologna che conserva gli archivi del Cinema Italiano».
Lo spazio preferito di Monicelli in casa? «Senza dubbio il grande e luminoso soggiorno dove si rifugiava, il suo nido dove isolarsi dal mondo; per leggere, studiare nuove idee di sceneggiature per film. In certi periodi non usciva per giorni. Desiderava ricaricarsi circondato, come amava definire la nostra casa, da un vitale e raffinato Caos».
Con le opere di Chiara — dipinti, sculture, oggetti — convivono collezioni di vetri di manifattura viennese dell‘800, di Boemia, francesi e di Murano. L’assemblage è in continuo divenire. Sopra i divani dai sgargianti tessuti con motivi a righe rosso-rosa, fanno da complemento scenografici tendaggi creati dalla stilista Mimma Gini e una serie di miniature a smalto orientali del ‘700; sopra un tavolino la statuetta del Leone d’oro alla carriera, ricevuto da Mario nel 1991 alla Biennale del Cinema di Venezia, accanto ai David di Donatello e Orsi berlinesi.
Nel soggiorno un mobile dal disegno essenziale in legno d’abete («creato sempre da Quinto in soli 30 minuti») racconta del suo passato di tavolo dei cestini usato per appoggiare le colazioni degli attori durante la pausa pranzo sul set. «Gli ho dato nuova vita dipingendolo d’azzurro chiaro, come queste sedie anni ’50, acquistate al mercatino di Porta Portese». Ed ancora, sparse qua e là, opere della padrona di casa, le sculturesilhouette, una serie di figure bidimensionali sagomate in legno colorato di nero che rappresentano il tema della famiglia.
Tra un corridoio e un altro la presenza di una bellissima icona della scuola di Kiev del Novecento: la Madonna delle Sette Spade che accompagna alla stanza da letto di Chiara, dove lei ha realizzato un grandioso affresco dai disegni in rosso che la raffigura insieme con mario e la figlia Rosa: posto di fronte al letto — come ci dice Chiara — «mi rassicura prima di addormentarmi ogni notte».