Dentro il carcere si progetta una seconda vita
Architetti e giovani designer ripensano lo spazio angusto di una cella di detenzione Una stanza pilota allestita a San Vittore «Anche così si dà dignità alle persone»
Quando si entra in qualsiasi carcere, ogni parametro di orientamento sparisce. San Vittore è in centro a Milano, ma passati i controlli, superati cancelli e barriere, i corridoi sembrano tutti uguali. E le celle di detenzione anche. I muri sono scrostati e coperti di scritte lasciate per decenni da ospiti passati, le sbarre hanno ricami di ruggine, i gabinetti sono aperti a un metro dal fornello a gas uso cucina. Non si chiamano più celle ma camere di pernottamento, perché sono talmente sottodimensionate rispetto alle nuove normative, che quasi tutte, di giorno, dalle otto di mattina alle otto di sera, rimangono aperte, con la possibilità per i detenuti
Piccoli accorgimenti, dai colori a oggetti componibili: tutto con materiali di riciclo
«Questo prototipo può ispirare ogni carcere, producendo all’interno nei vari laboratori»
di spostarsi nei grandi corridoi. Questa libera circolazione si chiama «vigilanza-dinamica». Malgrado ciò, vivere i 9 mq della cella, con due o tre letti (si è arrivati anche a sei ospiti) è difficile.
Un gruppo di volontari ha fondato il progetto di design sociale «Stanze Sospese», formato da architetti e giovani designer, per ripensare lo spazio interno di una cella di detenzione. Primo incontro, due anni fa nel carcere di Opera, tutti intorno a un tavolo, progettisti, detenuti e il Direttore del Carcere, Giacinto Siciliano, per capire bisogni, richieste e fattibilità. Durante la scorsa design week i primi prototipi della stanza sono stati esposti nelle suggestive cantine del Siam, grazie a 5vie art+design. Intanto Siciliano ha lasciato la direzione di Opera per quella di San Vittore, e proprio qui è stata allestita la prima cella pilota. È stata montata dagli stessi detenuti, che hanno partecipato attivamente al progetto. È nel IV raggio, attualmente vuoto e dismesso, dove si può cogliere meglio la differenza di vivibilità tra il nuovo spazio, concepito in modo razionale per sfruttare tutta la superficie, e le vecchie celle. Piccoli accorgimenti, come un colore diverso, una barra multifunzionale, una sedia che, accostata a un’altra, diventa tavolo. Tutto attraverso il recupero di materiali di riciclo.
«Il recupero è proprio la filosofia di San Vittore — sottolinea Siciliano — recupero delle persone, che qui non solo fanno un percorso detentivo, ma anche riabilitativo, e questa opportunità di un’integrazione fra esterno e interno è molto importante, così come il rispetto delle cose. Questo prototipo serve come esempio di fattibilità, che poi la stessa Amministrazione carceraria può scegliere di usare negli istituti di tutta Italia, magari producendo tutto in carcere, nei vari laboratori-lavoro».
I colori della cella pilota, chiari e rilassanti, positivi per l’umore, si ispirano alle carceri del nord Europa. Un pavimento in resina beige caldo, le pareti bianche e aree in azzurro e verde che identificano gli spazi e il loro uso. Raccontano i progettisti di Stanze Sospese: «Lo spazio della cella è esiguo, le sbarre alle finestre nei mesi invernali diventano un frigorifero esterno dove appendere i sacchetti con il cibo. Spazi per noi scontati nella vita quotidiana qui non ci sono. Niente mensole, né luoghi dove riporre le cose. Alcuni detenuti si sono inventati mensole di cartone o un porta carta igienica fatto con pacchetti di sigarette.
Con questa proposta si migliora lo spazio di vita. E basta poco, una sbarra modulare che diventa appendino, un tavolo apribile, una mensola multiuso. Con un’azienda all’avanguardia nel riciclo di plastiche prese in normali discariche, si è realizzato il letto a castello, per recuperare spazio, ma con i piani slittati per permettere un uso anche di giorno. C’è anche la sedia-sociale, sempre in materiale di recupero che, accostata a un’altra forma, diventa un piccolo ripiano per leggere, conversare, giocare a carte. La plastica riciclata non necessita di manutenzione, è duratura, riciclabile a sua volta, immune a funghi e insetti, resistente agli urti, non rilascia sostanze nell’ambiente ed è isolante termicamente e acusticamente». Idea rivoluzionaria, se si pensa che solo nei tre penitenziari milanesi, San Vittore, Opera e Bollate, si buttano al giorno circa 6.000 bottiglie di plastica. Da un lato, migliorare le condizioni abitative con materiali che hanno qui una seconda vita, per dare dignità al soggiorno di detenzione, dall’altro favorire l’acquisizione di nuove competenze mediante lavoro, studio, gioco e bricolage e individuare un nuovo cammino, nella legalità. È importante questa idea dei progettisti di utilizzare materiale di recupero. «Perché - sottolinea Giacinto Siciliano - se alle cose viene concessa una seconda vita, ancora di più dev‘essere data alle persone, a ogni ospite del carcere, io credo: Tu per me vali, e miglioro la tua qualità di vita».