Malikian, il rocker del violino: così mi ha salvato dalla guerra
«In fuga dai conflitti in Libano grazie alla musica che non ha confini»
L a storia di Ara Malikian è la storia del suo violino. «Ha salvato mio nonno dal genocidio degli Armeni. È arrivato a mio padre e poi ha salvato anche me perché è grazie a quello strumento che ho potuto andare via dal mio paese in guerra, il Libano, e studiare musica in Europa». Nato a Beirut nel 1968, cresciuto fra la Germania, l’inghilterra e infine stabilitosi in Spagna, Malikian ha sviluppato il suo talento precoce in modo cosmopolita, abbracciando le diversità e scardinando i generi. Premiatissimo in tutto il mondo, innamorato di Paganini, questo violinista dal look eccentrico e dalla chioma ingombrante come Caparezza arriva in Italia a dicembre per cinque concerti, sul finire del tour legato al disco «The Incredible Story of Violin».
«Dal vivo racconto del mio violino, di come mio nonno si sia finto musicista per sopravvivere al massacro e di come da piccolo mi vergognassi di questo strumento non tanto bello che ora per me è speciale. Suono mie composizioni, pezzi classici, ma anche artisti moderni come Jimi Hendrix e i Radiohead». Saltare da Bach a Bowie non turba per nulla Malikian, che ha nell’archetto un vero melting pot. In lui convivono influenze mediorientali, gipsy, jazz, tango e flamenco, ma anche esperienze con compagnie teatrali e circensi «che mi hanno insegnato a stare sul palco e a usare il corpo», racconta.
«Io non classifico la musica e chi viene a vedermi condivide questo pensiero», sottolinea. Il mondo classico, inevitabilmente, gli sta stretto: «È arrogante ed elitario. E quindi si sta isolando. Ti dicono che devi studiare i brani, saperli leggere, ma l’importante non è capire la musica, bensì lasciarsene trasportare: nessuno chiede alla gente di conoscere l’armonia di un pezzo dei Rolling Stones. Se il pop e il rock hanno più pubblico non è perché siano meglio, ma perché c’è qualcosa che non va nella classica. Deve tornare a essere popolare».
Un ribelle? «Voglio solo essere me stesso» commenta. E anche da direttore dell’orchestra sinfonica alla Madrid Royal Opera, non rinuncia ai suoi vestiti da rockstar: «La prima volta che mi hanno visto sono rimasti scioccati. La seconda volta meno. Poi non ci hanno più fatto caso. Non mi identifico con l’immagine del musicista classico, ma non cerco nemmeno di sembrare una rockstar. Cerco solo la naturalezza, nel rispetto di tutti». È proprio la musica che insegna il rispetto, secondo lui: «Le cose più importanti per una società, soprattutto in paesi di guerra, sono l’arte e la musica. Aiutano a superare i conflitti, rendono la gente più sensibile. Imparare ad apprezzarle fin da bambini è indispensabile».
Ara Malikian ha lavorato anche con il cinema, componendo colonne sonore per registi come Pedro Almodovar o Salvador García Ruiz. Il suo grande amore, però, è il palco: «Il momento in cui sono più felice è quando suono dal vivo. Dico sempre che farò concerti fino a quando non potrò più muovere le dita delle mani. A quel punto, avrò tanto tempo e mi dedicherò a comporre».
Il nonno
«Eredito questo strumento da mio nonno sopravvissuto al genocidio armeno»