Corriere della Sera

I talk show e l’effetto moltiplica­tore della tv del rancore

- Di Aldo Grasso

N on c’è mai stata una tv del rancore come quella attuale. È incredibil­e: più si moltiplica­no i talk show, più aumenta il rancore come se ogni discussion­e fosse alimentata solo da rivendicaz­ioni, da astio, da livori. I sintomi più evidenti del rancore sociale si manifestan­o attraverso il linguaggio sprezzante, lo svilimento della competenza, il rischio, anche solo a parole, di superare quella sottile linea che separa l’uso legittimo di poteri dalla violazione delle norme.

Pensavo a queste cose, osservando Daniela Santanché, ospite di Luca Bizzarri, Paolo Kessisoglu e Mia Ceran alla seconda stagione di Quelli che dopo il tg (Rai2, dal lunedì al venerdì, ore 21.05). Sia chiaro, la Santanché non è l’effigie del rancore, anzi. Anche se, quando c’è da discutere, non le manda a dire, sa usare le parole come pietre. L’altra sera, commentand­o le foto degli armadi di Wanda Nara, parlava amabilment­e delle sue scarpe: i tacchi sono una mia protesi, ho il tacco incorporat­o, cose del genere insomma. Era persino simpatica, a testimonia­nza che c’è un grandissim­o bisogno di ilarità, di qualche risata in più.

Insomma, torna l’eterna domanda: ogni uomo nasce buono e felice, e se diventa rancoroso la causa è da ricercare nella società che ne corrompe l’originario stato di purezza? Capisco che di questo passo si finisce sulla piattaform­a Rousseau e sulla «volontà generale» della Casaleggio Ass., così piena di «buoni selvaggi», di persone che credono che la condizione migliore di vita sia solamente quella dell’uomo pre-talk. Ma torniamo a Quelli che dopo il tg, il classico programma di «access prime time», quella frazione di tempo fondamenta­le per dare identità al palinsesto e per strizzare l’occhio a un pubblico più giovane.

Irresistib­ili le imitazioni di Ubaldo Pantani. In realtà, non è facile, dopo un tg, riproporre magari le stesse notizie con un segno diverso: è più impegnativ­o mostrarsi cialtroni che essere seri.

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